“Nessun ritardo” sul piano per la banda ultralarga, che vedrà la luce entro ottobre. A precisarlo è l’Ad di Enel, Francesco Starace, in un’intervista a “Il Foglio”, in merito alle indiscrezioni di stampa su un rinvio a data da destinarsi del piano.
“A settembre capiremo esattamente quali sono i costi dell’operazione di cablaggio – afferma il manager – e quali saranno gli operatori interessati a entrare nella partita. Ma vi posso anticipare che i costi legati alla nostra proposta sono di gran lunga più bassi rispetto alle stime fornite da altri operatori”.
“Il Governo entrerà in campo in un secondo momento – spiega Starace – con regole d’ingaggio e strumenti regolatori; ora è la fase di costruzione del progetto e su questo punto sono ottimista e credo che con un piccolo sforzo nel giro di pochi mesi, grazie alla banda ultralarga, l’Italia potrebbe avere un aspetto sorprendentemente piu’ moderno rispetto a quello che conosciamo oggi”.
Secondo quanto riportato dai giorni scorsi da La Repubblica l’operazione banda ultralarga da 6,6 miliardi di euro è stata bloccata definitivamente dopo la bocciatura iniziale che aveva definito inattuabile il decreto legge Comunicazioni. Una decisione presa dal premier, Matteo Renzi, dopo aver consultato Antonella Manzione, responsabile dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi. L’ostacolo principale era rappresentato proprio dai fondi, dei quali 4,6 miliardi di euro sarebbero dovuti essere fondi pubblici nazionali. Un’eventualità che però strideva con la poca trasparenza riguardo i tempi e le modalità di attuazione del piano.
La gestione dei fondi ha creato diatribe anche nelle Regioni, le quali hanno fatto subito sapere che se il piano non viene sbloccato cominceranno a spenderli per i fatti loro, anche non nello sviluppo della banda ultralarga. Le Regioni dovranno gestire 2 dei 6,6 miliardi di euro coinvolti nel piano. Preme anche Telecom Italia, che chiede bandi regionali entro la fine dell’anno. Il rischio ora è che i fondi comincino a sfaldarsi, sia per quanto riguarda i 4,6 miliardi di euro pubblici che per i 2 miliardi di euro delle Regioni. Inoltre, il ritardo potrebbe compromettere la rigida scaletta che prevede la fine dei lavori nel 2022. Quest’ultimo punto potrebbe comportare gravi problematiche, perché andare lunghi con i tempi significherebbe perdere i miliardi non spesi, ripresi dall’Europa.
Le problematiche che ostacolano lo sviluppo del piano sono molte, dalla difficoltà nella gestione degli incentivi agli investimenti pubblici in località dove gli operatori sono già attivi con i loro servizi. Questi ultimi, insieme con l’Unione Europea, rappresentano altre cause che attualmente stanno rallentando i lavori. Gli interessi dei primi e i dubbi dell’UE non hanno fatto altro che complicare la situazione, la cui svolta ora grava sulle spalle di Renzi. La soluzione più immediata sarebbe quella di mettere momentaneamente da parte le misure più complesse in favore di bandi relativi a località non coperte dagli operatori, stanziando i 4,6 miliardi di euro con una delibera del Cipe.