NUOVE RETI

Banda ultralarga, tandem Open Fiber-Acea per cablare Roma

L’accordo sarà annunciato ufficialmente dopo l’estate. La società guidata da Pompei porterà la fibra ottica nella Capitale utilizzando e valorizzando il network di tubi, condutture e cavidotti della utility

Pubblicato il 26 Giu 2017

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Open Fiber è vicina a un accordo con Acea per utilizzare l’infrastruttura della utility romana per la posa della banda ultralarga a Roma. Lo riferisce Affari & Finanza, inserto economico di Repubblica. La partnership tra Acea e Open Fiber permetterà alla società guidata da Tommaso Pompei di portare la fibra ottica nella capitale utilizzando e valorizzando il network di tubi, condutture e cavidotti della società che da meno di due mesi ha il nuovo Ad Stefano Donnarumma. Un traguardo importante per il concorrente di Tim nella guerra per la fibra ottica.

Secondo quanto riportato l’annucio ufficiale dell’intesa tra Of e Acea arriverà dopo l’estate. La utility capitolina punta ad accelerare sulle smart grid, bruciando i tempi sulla digitalizzazione di gestione e controllo delle sue reti e, per farlo, una fibra capillare è indispensabile. L’intesa dovrebbe andare anche oltre quella stipulata tra Tim e A2A. Non arriverà – scrive Affari & Finanza – a costituire una jv ma sicuramente andrà a toccare anche lo sviluppo tecnologico e non solo gli aspetti commerciali.

Si inasprisce dunque la battaglia per la banda ultralarga made in Italy. Ma quali sono i numeri complessivi in ballo per llo sviluppo delle Ngn? Per Tim la partita della fibra vale 11 miliardi di investimenti tra già realizzati e in budget. Per Open Fiber fino al 2019 il piano prevede circa 4 miliardi, il 30% di mezzi propri e il 70% da chiedere al mercato. Lo Stato, per coprire le zone bianche ha messo 1,3 miliardi per la prima gara e le prime 5 Regioni, altri 1,2 miliardi sono sulla seconda gara che riguarda 11 Regioni. Si tratta del 92% dello stanziamento totale pubblico, che si aggira dunque intorno ai 3 miliardi. Restano da aggiudicare due sole gare minori, per un totale tra i 4 e i 500 milioni: una per le ultime tre Regioni, Sicilia, Sardegna e Calabria, e una per la provincia di Bolzano.

In questo contesto Cattaneo ha detto che Tim potrebbe investire un 10% delle risorse del suo piano nelle aree bianche, partecipando dunque ai bandi di gara Infratel. “Non c’è mai stato alcun divieto di cambiare idea. La tecnologia è aumentata, si sono abbassati i costi e abbiamo deciso di investire anche nelle aree a fallimento di mercato – ha chiarito il manager in audizione al Senato nei giorni scorsi – E la normativa lo consente. Quello che non consente è che si blocchi un investimento privato a favore di uno pubblico”.

“Siamo stati accusati di aver repentinamente cambiato la nostra posizione, al punto da voler bloccare la costruzione delle infrastrutture da parte del vincitore del bando. Ma ci sono prove evidenti che tali accuse non hanno alcun fondamento”, ha detto Cattaneo ripercorrendo le ultime tappe del piano del governo e ricordando di aver più volte negli ultimi anni comunicato di voler cambiare le proprie intenzioni. “Nel 2015 è stato chiesto di comunicare dove volevamo investire e non dove non volevamo investire. Nel 2016 abbiamo detto di voler modificare i nostri piani e una mattina di giugno 2017 ci sentiamo dire di aver applicato cambi repentini al piano”, ha sintetizzato Cattaneo. Nessuna accelerazione, quindi, ha detto l’ad di Tim spiegando che “quando abbiamo iniziato a sviluppare i nostri piani non esisteva nemmeno il piano banda ultralarga del governo”, ha concluso.

Pompei, anche lui chiamato in audizione a Palazzo Madama, ha difeso il modello Of. “Realizziamo l’infrastruttura e la vendiamo a coloro che per mestiere si rivolgono al cliente finale. Le tlc sono l’unico sistema a rete ancora integrato verticalmente. La separazione tra rete e servizi che si è avuta negli altri settori, come quello del gas, inevitabilmente si realizzerà nelle telecomunicazioni. Il livello di investimenti è talmente elevato che nessuno potrà più permettersi di occuparsi di infrastrutture e servizi”.

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