Bandi smart city da 318 mln, “Primi fondi erogati a gennaio-febbraio”

A quanto comunicato dal Miur al nostro giornale, sono approvati 26 decreti di concessione, su un totale di 32, per i vecchi bandi smart cities del Governo Monti. “Le banche forniranno le risorse ai primi vincitori del bando entro un mese e mezzo”

Pubblicato il 12 Dic 2014

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I vincitori dei bandi smart cities riceveranno i soldi a partire a “gennaio-febbraio”, per un totale di 348 milioni di euro (tra contributo alla spesa e credito agevolato). E’ quanto apprende il nostro giornale da una fonte del Miur, che aveva fatto i bandi a giugno 2012 sotto il Governo Monti. Ad oggi il Miur ha approvato 26 decreti di concessione dei fondi, su 32 vincitori. E di quei 26, 21 sono già registrati quindi manca solo l’ultimo passaggio burocratico: fornire alla banca le informazioni per istruire la pratica. “I vincitori che completeranno questo passaggio per primi potranno ricevere i soldi tra circa un mese e mezzo”, fanno sapere dal Miur.

Si quindi avvicina la fine, questa volta davvero, per una delle storie più travagliate dell’Agenda digitale. I bandi in origine valevano 655 milioni di euro, in 16 ambiti tematici, per stabilire 32 progetti smart cities vincitori. A questi il Miur ha abbinato, con un altro bando collegato, progetti di social innovation rivolti a giovani under 30.

Per il primo bando ci sono 318 milioni di euro, di cui 143 come contributo alla spesa e il resto come credito agevolato. Per i giovani ci sono 30 milioni di euro come contributo alla spesa. I soldi sono meno di quanti previsti in precedenza perché gli esperti del ministero hanno scartato alcuni progetti, giudicati non meritevoli, e su altri hanno abbassato le stime dei costi necessari a svilupparli.

Per il resto, le lungaggini si spiegano con la complessità del bando (pubblico-privato), ma le aziende e i giovani vincitrici dei bandi hanno già protestato nei mesi scorsi, per molti motivi.

Primo: trattandosi di progetti di ricerca innovativi, ogni mese è prezioso: i vincitori vedono già nascere aziende concorrenti, con le stesse idee o simili.

Secondo: il bando impone di non avere un contratto di lavoro (se non con un numero di ore esiguo) parallelo a quello della sperimentazione. E quindi i ricercatori non possono trovare un impiego in questo tempo di attesa. Terzo: i progetti si avvalgono di partnership apposite- previste dai bandi- con numerosi soggetti, pubblici e privati (università, pubbliche amministrazioni…). Il danno quindi è esteso a tutto il territorio di riferimento. Quarto: i progetti finanziati hanno un programma di attività di tre anni, come richiesto dal bando, e quindi business plan adeguati a questa tempistica. Ma adesso che i tempi sono saltati, i business plan sono da rifare e potrebbero non essere ugualmente sostenibili.

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