"Io ho solo cercato, in maniera corretta, di provocare un
intervento doveroso della Autorità delle Comunicazioni. Mi è
stato risposto che non era possibile”: lo ha detto il premier
Silvio Berlusconi, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi al
termine del consiglio dei ministri, parlando delle intercettazioni
nell'inchiesta di Trani che hanno coinvolto l'Agcom.
"Al di là di ogni ipocrisia per cui queste sono autorità
indipendenti – ha continuato Berlusconi -, un membro nominato da un
partito e che rispondeva all'Udc non faceva maggioranza con gli
altri. Quindi in queste autorità non vince il buon senso ma
l'appartenenza politica".
"Io ho fatto semplicemente una cosa che dovevo fare, un mio
dovere da cittadino presidente della piu' grande forza politica
italiana – ha continuato il premier -, da cittadino Presidente del
Consiglio, nel cercare di far intervenire l'Autorita' di
controllo sulla comunicazione per ottenere che non si facessero
piu' questi abusi in una trasmissione del servizio pubblico,
facendo processi, intervenendo con attori che leggono le
dichiarazioni di altri".
Immediata la replica del Commissario in quota Udc Gianluigi Magri
chiamato in causa dal premier. "Ho servito le istituzioni, non
un partito – rivendica Magri -. Dal 16 marzo 2005, data della mia
nomina a membro dell'Autorità, non ho alcuna tessera
d'iscrizione ad alcun partito". Magri precisa che
"primo, l'attività sanzionatoria di Agcom avviene sempre
ex post e su punti specifici ampiamente approfonditi. Secondo,
chiunque può chiedere l'intervento dell'Agcom, ma la
normativa è precisa sulle forme e i modi dovuti. Terzo, il
dibattito, le valutazioni e le eventuali sanzioni fanno parte di un
procedimento interno all'Authority su cui i commissari hanno
dovere di riservatezza. Quarto, in base ai tre punti
precedentemente esposti, si può evincere come il mio operato abbia
servito le istituzioni e non un partito".