L'INTERVENTO

Bettotti: “Agcom regoli il wi-fi libero”

Il dirigente del dipartimento Innovazione della Provincia di Trento chiede meccanismi più semplici nelle procedure di accreditamento alle reti wireless per gli utenti frequenti e propone che gli standard vengano definiti dall’Authority

Pubblicato il 02 Ago 2013

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Mi occupo da diversi anni di diffusione delle tecnologie Ict e in particolare dello sviluppo delle infrastrutture Tlc in ambito pubblico. Il mio interesse è relativo prevalentemente alle politiche di sviluppo di tali infrastrutture, piuttosto che agli aspetti squisitamente tecnologici, anche in virtù della mia preparazione e della mia esperienza.

Non poteva quindi sfuggire alla mia attenzione il dibattito che si è recentemente sviluppato sulla diffusione e l’accesso alle reti in tecnologia wireless (wi-fi).

Il wi-fi rappresenta sempre più la principale tecnologia abilitante il sostanziale dispiegarsi della società dell’informazione sia in Italia che all’estero. Il motivo risiede principalmente nel fatto che la disponibilità di servizi digitali per gli utenti in mobilità è alla base del cambiamento nei comportamenti degli utenti un po’ in tutti gli ambiti: quello lavorativo, quello dell’intrattenimento e quello dell’accesso ai servizi sia pubblici che privati.

In periodi non troppo lontani questi cambiamenti erano avvertiti quasi esclusivamente dall’utenza business, che sembrava maggiormente capace di cogliere i vantaggi dei servizi in mobilità e che anche per questa ragione era più predisposta ad affrontare i costi relativi alle connessioni, in particolare quelle su rete mobile.

Negli ultimi tempi questi vantaggi sono avvertiti in misura crescente dall’utenza, diciamo così, normale, anche in virtù della crescente pervasività dei servizi digitali. Questa utenza ha esigenze di accesso a servizi in mobilità piuttosto variegata. Ad esempio c’è il turista in visita a una città o a un luogo di vacanza, alla ricerca di informazioni storico-culturali o di servizi di immediata utilità per migliorare la propria esperienza turistica. C’è il viaggiatore alla ricerca di aggiornamenti o notizie dell’ultimo momento relative ai servizi di trasporto e mobilità. C’è l’utente occasionale alla ricerca di informazioni su servizi commerciali o di altra natura particolarmente necessari e urgenti in quel momento, spesso all’interno del territorio in cui vive. E infine c’è il cittadino che ricerca ed accede ai servizi della pubblica amministrazione, ovunque egli si trovi.

Nelle ultime settimane tre fatti hanno caratterizzato il dibattito sul wi-fi e mi hanno di conseguenza indotto riflessioni sul wireless e sul suo sviluppo, in particolar modo in Trentino.

Innanzitutto ci sono state le modifiche apportate alle norme sull’accesso al wi-fi introdotte con l’art. 10 del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 (Decreto del Fare). Modifiche che inizialmente avevano reso addirittura più complessa l’apertura delle reti wireless, ma che poi sono state fortunatamente emendate in sede di conversione in legge verso un approccio che per alcuni versi è fin troppo “libertario”.

Inoltre è di questi giorni la notizia della mappatura realizzata con modalità open e liberamente accessibile, dei punti di accesso alle reti wireless (hotspot) disponibili in Italia. Questa rilevazione ha censito oltre 24.000 punti di accesso sul territorio nazionale, dimostrando per la prima volta in modo così evidente l’esistenza di una disponibilità non marginale di connettività mobile su territorio.

Il terzo elemento è la tavola rotonda sul wi-fi libero che si è tenuta a Trento il 26 luglio scorso e ha messo in luce posizioni diverse, peraltro piuttosto rappresentative del dibattito sul wi-fi attualmente in corso. Posizioni che gravitano attorno alla questione del wi-fi libero in cui l’accezione di “libero” si riferisce all’esigenza o meno di autenticazione (e quindi di tracciabilità del relativo traffico) degli utenti che utilizzano i servizi di connessione wireless offerti in modalità gratuita. L’affermazione, tacita, sottostante a questi ragionamenti è che la “libertà” dell’utente dei servizi wireless si esplica essenzialmente nel non vedere tracciata la propria attività durante i collegamenti in rete.

Ma è veramente questo il problema? Pensando alla tipica esperienza che la maggior parte di noi vive, ad esempio come turista che vuole utilizzare i servizi digitali attraverso il proprio smartphone/tablet oppure come utente “mobile” dei servizi pubblici e privati del territorio in cui vive, è veramente l’esigenza di rimanere anonimi quella che ci caratterizza? Io credo di no!

Del resto, quanti di noi continuano ad avere impostato il Pin sul proprio cellulare? Eppure potremmo toglierlo e “liberarci” di questo fastidio. Nella pratica lo manteniamo perché una seppur minima riservatezza o sicurezza preferiamo che ci sia: e siamo disposti a “pagare” una (sempre minima) complicazione della procedura di accesso al cellulare.

Partendo da questa considerazione ritengo, a mio avviso, che per l’utente/turista è probabile che il fastidio maggiore derivi dalla necessità di una procedura di accreditamento spesso non banale e talvolta fin troppo complicata, mentre per l’utente mobile (ma quasi stanziale) il fastidio più che risiedere nella procedura di autenticazione (username e password) è legato al dover ripetere ogni volta la procedura di accreditamento per ogni diverso luogo, e quindi per diverso fornitore del servizio, in cui ci si trova ad avere l’esigenza di accesso al wi-fi.

Da queste considerazioni mi viene la convinzione che il problema che si affronta nelle discussioni attuali sul wi-fi (completa apertura contro accessi controllati) non sia il vero problema.

Io credo invece che la sfida per la diffusione del wi-fi si giochi sulla capacità di fornire meccanismi semplici di gestione dell’accesso, armonizzando le esigenze di facilità d’uso e privacy con quelle di tutela della sicurezza. Tutto questo distinguendo le diverse tipologie di uso, per le quali possono essere ipotizzate diverse soluzioni.

Ad esempio se per la tipologia d’uso turistico/occasionale è ipotizzabile la possibilità di trovare reti temporaneamente completamente aperte (senza necessità di autenticazione), per la tipologia dell’utente “frequente” è auspicabile identificare meccanismi che rendano semplice la procedura di accreditamento cosicché le credenziali ottenute possano essere utilizzate in modo diffuso sul territorio mediante meccanismi di roaming tra le diverse reti (e diversi fornitori), oppure definire meccanismi “centralizzati”/”condivisi” di autenticazione basati per esempio su Ldap.

La creazione di un meccanismo federato di riconoscimento permetterebbe la significativa semplificazione delle procedure di autenticazione per l’utente “frequente” e renderebbe ben sopportabile l’onere di una (ed una sola!) procedura di accreditamento.

Questo meccanismo federato potrebbe poi anche essere aperto all’utilizzo da parte degli operatori privati, che potrebbero aderire alla federazione e allo stesso tempo rilasciare ai propri sottoscrittori i servizi di proprio interesse.

Una modalità per favorire l’adesione e l’estensione di questo modelli di roaming potrebbe consistere nel finanziare (con i tradizionali strumenti di finanziamento e agevolazione) la realizzazione di hotspot con la condizione di aderire al modello di autenticazione federata.

La definizione di questo modello di roaming potrebbe far insorgere il problema dell’individuazione del soggetto responsabile per la definizione dei requisiti e degli standard di tale modello e del controllo del loro rispetto. In Italia tale soggetto potrebbe essere individuato nell’Agenzia per la Garanzia delle Comunicazioni (Agcom).

Come considerazione finale, credo sia meglio evitare l’insorgere di un dibattito caratterizzato (solo) da posizioni quasi-ideologiche tra “libertari” da un lato e “controllori” dall’altro. Dibattiti di questo tipo hanno caratterizzato nel passato la discussione sull’introduzione di altre tecnologie, e quasi sempre con esiti bloccanti rispetto all’introduzione delle innovazioni.

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