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Big Data, Ciniero (Ibm): “All’Italia serve una strategia politica”

Il presidente e Ad di Ibm Italia evidenzia anche il ruolo delle imprese: “Bisogna sviluppare il settore e costituire nuovi skill. Vogliamo abbattere barriere culturali e pregiudizi dimostrando che la tecnologia è facile e fruibile”

Pubblicato il 06 Mag 2014

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I Big Data “rappresentano anche la velocità con cui un Paese si muove e compete sul piano mondiale”, in questo “l’Italia è indietro come sistema Paese, come pubblica amministrazione e come sistema di imprese. Ora è tempo di ingranare la marcia o rischiamo allargare troppo le distanze”. A parlare è Nicola Ciniero (nella foto), presidente e amministratore delegato di Ibm Italia. “Si tratta di uno dei capitoli portanti dell’Agenda Digitale, siamo ancora indietro ma ora c’è consapevolezza che si tratta di uno strumento per la trasparenza e lo sviluppo del Paese”.

“Come Ibm – spiega – abbiamo rilevato questo gap e con il Politecnico di Milano abbiamo stretto un accordo e realizzato corsi di specializzazione fornendo i nostri esperti e le nostre tecnologie per la formazione dei giovani. E’ una innovativa cooperazione pubblico-privato per il progresso e la crescita del Paese. Il problema della fuga all’estero di questi nuovi professionisti è reale e va arginato. Se ne vanno perché non hanno un terreno imprenditoriale fertile pronto ad accoglierli”. “Sembra un nonsenso – continua Ciniero – visto che il mercato dei Big Data è in crescita esponenziale e vale solo in Italia 3 miliardi di euro l’anno e nel mondo 200 miliardi di euro, con stime di crescita previste del 20% l’anno. In Italia serve una strategia politica, ma da sola non basta. Al disegno politico si deve accompagnare la volontà delle imprese a sviluppare il settore dei Big Data e la recettività del sistema formativo a costituire nuovi skills”.

“Il mondo avanza e noi come Ibm siamo tra quelli che corrono di più. Solo nel 2013 sui Big Data abbiamo investito a livelllo mondiale 17 miliardi di dollari per tutto il settore – sottolinea Ciniero -. Ad aprile scorso abbiamo inaugurato a Segrate il Digital Labs dove dimostriamo come un’azienda può usare la digitalizzazione. E’ una cosa possibile e non è solo relativa ai dati: sono molte le aziende grandi ma anche medie a chiedere di partecipare all’iniziativa. Anzi, c’è la lista di attesa”.

“Tutti in Italia hanno interesse sui dati social, hanno interesse ad aprirsi al mondo – conclude – vogliamo abbattere barriere culturali e pregiudizi, dimostrando che la tecnologia è facile e fruibile ed oggi si paga ciò che si consuma, come per un’auto a noleggio. Quindi oggi l’hi-tech è alla portata di tutti, specie delle piccole imprese perché con i costi al consumo si abbattono le barriere tecnologiche. E noi vogliamo creare un humus industriale e un ecosistema recettivo”.

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