Big data e analytics: innovazione in azienda assicurata, ma all’idea segua l’execution

All’Analytics 2015 di Sas esperti a confronto sui nuovi trend: alle tecnologie devono affiancarsi una cultura aziendale votata al cambiamento incarnata da innovation lab e talenti “diversificati”, dai data scientist ai “visualizzatori” di dati

Pubblicato il 10 Nov 2015

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I dati hanno anche un aspetto “umano”. E non solo quello delle data visualization disegnate da Jer Thorp ma anche quello dei talenti – in carne ed ossa – che estraggono intelligenza da numeri. E’ stato questo uno del leit motiv della mattinata dedicata a analytics e Big data da Sas nell’ambito dell’evento Analytics 2015 a Roma.”Il mondo di Big data e analytics è un incontro di tecnologie e persone, per questo abbiamo tanto bisogno di data scientist, subito”, ha detto Carl Farrell, Executive Vice President & Chief Revenue Officer di Sas. Sviluppare i talenti delle persone è ciò che, insieme agli strumenti tecnologici, renderà possibile la rivoluzione dell’economia dei dati.

Per le aziende che vogliono sfruttare il potenziale di dataset sempre più ricchi e variegati, analizzandoli in modi nuovi per ricavarne decisioni mirate e modelli di business più redditizi, si tratta innanzitutto di assumere le giuste persone. Perché innovare oggi vuol dire non solo avere l’idea, ma metterla in pratica, ha sottolineato Jill Dyché, Vice President of Best Practices di Sas. “Innovare vuol dire pensare in modo non ortodosso per sfruttare le opportunità di business, trovando nuovi modi di fare le cose”. La Dyché ha raccontato di una società assicuratrice americana che ha trasformato il suo business aprendo canali di interazione digitale col cliente, con iniziative quali il digital wallet e il dialogo sui social media. “La trovata brillante non basta senza l’execution”, ha ribadito la Dyché, sottolineando l’importanza degli innovation labs nelle aziende come bandiera della nuova cultura votata a dare spazio alle idee, cui tutti i dipartimenti aziendali devono contribuire.

Il valore dei team dedicati all’analytics è tornato nell’intervento di Fritz Lehman, Senior Vice President, Customer Engagement and Support Division, Sas: l’analytics può servire per offrire una customer experience di più alto livello, ma per creare questo livello di loyalty occorre costruire una analytics culture all’interno dell’azienda e assicurarsi che il proprio team dedicato all’analytics possieda le necessarie competenze. Queste competenze non sono necessariamente quelle in informatica o statistica: la formazione del team di Lehman è la più variegata possibile e la prima abilità richiesta è quella di “risolvere problemi”.

Per il citato Jer Thorp, Data Visualization Artist, il centro del proprio lavoro è dare significato a enormi quantità di dati per aiutare le persone a prendere controllo delle infinite informazioni che le circondano. “Siamo bombardati, sopraffatti dalla mole di dati”, ha detto Thorp. “Sono dati nostri perché li abbiamo generati noi, ma non abbiamo la percezione di poterli controllare”. Sono “disumanizzati”: mere serie di numeri in stringhe a uso e consumo di computer e analisti. Thorp realizza progetti di data visualization che aiutano a rimettere i dati in un contesto umano, a leggervi quello che le persone vogliono e fanno, gli stili di vita, le abitudini di viaggio, i commenti sui social. Le sue visualizzazioni, che permettono di “vedere” con un colpo d’occhio complessivo anche enormi set di dati prima separati, aiutano anche a comprendere meglio i fenomeni, aiutando le aziende a costruire modelli di business più efficienti.

La rivoluzione Big data e analytics tocca anche lo studio del pianeta e aiuta ad affrontare le grandi sfide globali, dal cambiamento climatico allo stress sulle risorse naturali creato dalla rapida crescita della popolazione. Philippe Mathieu, scienziato dell‘Esa (Earth Observation Scientist, Applications & Future Technologies Department, European Space Agency), ha sottolineato come anche le attività dell’Esa siano oggi concentrate a facilitare la ricerca data-intensive per mettere la scienza al servizio della società. Ma anche la società al servizio della scienza: ancora una volta i dati riacquistano un aspetto “umano” e mostrano che dietro i numeri ci sono le persone.

Mathieu ha parlato di “citizen science” e “human observatories”: alla scienza del pianeta non bastano più le classiche statistiche, ma servono anche i dati in tempo reale che le persone possono inviare dai loro smartphone su fenomeni meteo, inquinamento dell’aria percepito, diffusione di malattie nella comunità e molto altro ancora. La rivoluzione digitale, che sta portando la connettività mobile praticamente ovunque, e la condivisione delle risorse col cloud creano nuove opportunità anche per studiare la salute della Terra. Intanto, consapevole che non è possibile oggi conoscere il pianeta senza i Big data, l’Europa si è mossa con il programma Copernico e le missioni Sentinel per raccogliere informazioni da analizzare su elementi che vanno dal livello dei mari all’inquinamento da fracking. Il risk management, oggi la chiave per un pianeta super-sfruttato, non può prescindere da Big data e analytics – oltre che da scienziati sempre più esperti di dati e pronti a condividere le loro conoscenze: non a caso le informazioni del progetto europeo sono tutte nella forma di open data.

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