IL FORUM

Big data, Sas battezza l’era dell’industria 4.0

Al Forum di Milano focus gli analytics: il futuro è all’insegna dell’aerospazio, della pay tv e delle smart city. Icardi “L’esperienza digitale deve essere senza intermediari”

Pubblicato il 22 Apr 2015

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Bisogna dirlo: il Sas Forum Italia è sempre meno un contenitore di show case-spot dedicati ai clienti del colosso della business intelligence e sempre più un evento in cui chi trasforma i Big data in scienza, cultura, servizi e – anche – business si incontra per condividere con partner, media e mercato i molti traguardi già raggiunti e i moltissimi ancora da avvistare.

“La conoscenza che abbiamo di noi stessi è ancora parziale, basti pensare che mediamente utilizziamo solo il 5 per mille dei dati disponibili in azienda. Siamo in altre parole in presenza di cambiamenti di cui spesso non percepiamo la portata”, ha confermato stamattina Marco Icardi, numero uno di Sas nella Penisola, aprendo l’edizione 2015, di scena come di consueto al MiCo di Milano. “Oggi ogni business è un digital business: Alibaba è il più grande negozio al mondo, ma non ha nemmeno un magazzino. Uber è la più grande compagnia di noleggio veicoli, ma non possiede nemmeno un auto. Airbnb è il più esteso network dedicato alla ricettività, ma è del tutto privo di strutture. La cosiddetta Industria 4.0 è sempre più diffusa e connessa, e col passare del tempo gli operatori si concentreranno in misura minore sul ciclo produttivo, per investire sull’anello in cui si trova il valore, dando all’utente finale il potere di superare i livelli di intermediazione della catena di distribuzione e passando dal possesso del bene all’esperienza del bene”.

Per Icardi il percorso è dunque irto di rischi, insiti specialmente nei cambiamenti di processo, e nel ruolo delle professionalità chiamate a gestire la nuova complessità: la mancanza delle giuste competenze è un forte fattore frenante per lo sviluppo di qualsiasi tipo di business. Questo è uno dei motivi che hanno spinto gli organizzatori del forum (letteralmente a porte aperte, essendo fruibile anche on line in streaming) a dare vita insieme a GiGroup a un momento di incontro tra 200 giovani e partner di SAS in cerca di nuovi talenti. L’industry ha fame soprattutto di data scientist.

Ma le competenze analitiche diventano sempre più strategiche anche negli altri comparti, da quello finanziario all’entertainment, passando per il food e la ricerca aerospaziale, che sfrutta vettori e satelliti per elaborare e risolvere problemi molto terrestri (dallo sviluppo urbano all’evoluzione climatica passando addirittura per le tecniche agricole) e offrire servizi inimmaginabili fino a pochi anni fa. Ne ha parlato Pierre Philippe Mathieu, dell’Esa, che ha raccontato come ormai l’Agenzia spaziale europea generi più di un petabyte di dati all’anno che vanno trasformati in informazioni puntuali. Grazie agli analytics, il team di Mathieu è in grado di correlare precipitazioni, movimenti del suolo e statistiche sulle coltivazioni per inviare – per esempio – agli agricoltori vietnamiti un sms con il via libera per la raccolta nelle piantagioni di riso.

Dino Pedreschi è docente di Informatica all’Università di Pisa, ma lavora anche nel team che si occupa del progetto europeo Sobigdata.eu, che prova a ipotizzare lo sviluppo delle aree urbane e dei loro utilizzi attraverso il monitoraggio dei flussi umani sfruttando le tracce lasciate dalle connessioni wireless, efficaci per tracciare il territorio anche in assenza di infrastrutture. “Sulla terra contiamo 7 miliardi di persone e 6,8 miliardi di cellulari”, ha detto Pedreschi. “Abbiamo quindi una protesi digitale che ci accompagna in ogni momento della nostra esistenza. Sviluppando la capacità di registrare su vasta scala le nostre attività, possiamo estrarne un senso e costruire una macchina del tempo che elaborando il passato e il presente può costruire possibili futuri. L’intelligenza collettiva aumenta la precisione della misurazione, ma attenzione: dobbiamo riappropriarci del senso dei numeri che generiamo e della loro conoscenza, solo un new deal tra conoscenza personale e intelligenza collettiva può aiutarci a diversificare i comportamenti e non conformare l’intera società”.

Se Massimo Delledonne, genetista dell’Università di Verona, ha spiegato il modo in cui l’abbattimento di tempi e costi per la mappatura del Dna di un individuo (da 3 miliardi di dollari e 13 anni di ricerca a poche migliaia di dollari per un processo che dura un paio di settimane) apre nuovi scenari per la prevenzione di malattie la cui cura è assai più dispendiosa, Stefano Fiorentino, Churn management e Customer engagement di Sky, ha raccontato come la società di Newscorp è riuscita a portare il tasso di abbandono dei clienti sotto la soglia del 10%. “Dei due miliardi che il gruppo investe ogni anno, circa il 50% è devoluto alla differenziazione dell’esperienza d’uso dei nostri clienti”, ha detto Fiorentino. “Questo significa anche far cambiare le abitudini di fruizione, proponendo al pubblico contratti e fruizione dei contenuti in base all’utilizzo che – spesso inconsapevolmente – si fa del servizio. Così raccogliendo e monitorando tutti i dati che arrivano dal Crm, dalla navigazione Web e dal mobile stabiliamo dei modelli predittivi che ci permettono di personalizzare l’offerta e le promozioni, con attività di caring e loyalty letteralmente one to one”.

Giovanni Bossi, Ad di Banca Ifis, ha portato l’esperienza dell’istituto che dirige: “Circa tre anni fa abbiamo imboccato un percorso complesso per ritoccare la struttura organizzativa. Alla fine di ogni mese abbiamo creato grazie agli analytics un report per capire come stavamo andando. Non solo dal punto di vista del conto economico, ma valutando ogni indicatore per farci prendere decisioni più tempestive possibili per eventuali cambi di rotta. Non è stato semplice, ma la battaglia più difficile da combattere è stata quella della sovversione dei valori generata da un’informazione così tempestiva genera. Questa criticità, credo, caratterizza tutte le aziende nate precedentemente alla rivoluzione digitale ed è la vera sfida per chi intende rimanere sul mercato”.

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