La Commissione europea rivelerà la prossima settimana i nomi delle “piattaforme sistemiche” su cui saranno rafforzati i controlli, in base al Digital services act, con l’obiettivo di combattere l’illegalità su Internet. Lo ha annunciato Thierry Breton, il commissario responsabile del mercato interno e delle questioni digitali, intervenendo al programma Questions Politiques di France Inter.
Il commissario Ue ha precisato che la lista dovrebbe contenere “tra i 19 e i 25” nomi. Si tratta delle piattaforme “con più di 45 milioni di utenti sul continente europeo”, ovvero il 10% della popolazione dell’Ue. Questi colossi “dovranno cambiare radicalmente e molto rapidamente i loro comportamenti se vogliono continuare a operare in Europa”, ha detto Breton.
I piani di attenuazione dei rischi delle piattaforme digitali e dei motori di ricerca designati saranno oggetto di audit e vigilanza da parte della Commissione europea.
Separatamente, il Regno Unito prepara l’istituzione di un regolatore ad hoc per le big tech, mentre in Italia il governo Meloni ha già potenziato, col Dl concorrenza, i poteri dell’Antitrust sul mercato digitale.
Digital services act, la lista delle big tech
“Controlleremo cosa succede nei loro algoritmi (…), quanti moderatori hanno, se i moderatori sono in tutte le lingue dell’Unione”, ha spiegato il commissario Ue in merito all’attuazione del Dsa. Breton ha detto di aver proposto ai giganti del web, “prima di settembre”, quando scatteranno le nuove norme, “di fare delle verifiche (in bianco)”, ovvero senza conseguenze in caso di violazione.
La nuova legge europea sui servizi digitali impone, tra l’altro, l’obbligo per le piattaforme di dimensioni molto grandi, che raggiungono oltre il 10% della popolazione dell’Ue, di prevenire gli abusi dei loro sistemi adottando misure basate sul rischio e attraverso audit indipendenti dei loro sistemi di gestione dei rischi.
Le nuove regole includono anche l’obbligo di agire “prontamente” per rimuovere qualsiasi contenuto illegale non appena la piattaforma ne viene a conoscenza, o l’obbligo di informare le autorità giudiziarie quando sospettano un “grave reato”.
Sono previsti anche divieti, come l’utilizzo di dati “sensibili” degli utenti (sesso, appartenenza politica, appartenenza religiosa, ecc.) per la pubblicità mirata, e obblighi di trasparenza, come la pubblicazione dei principali parametri utilizzati dai sistemi di raccomandazione.
Al via anche l’audit di Twitter
Anche Elon Musk, neoproprietario di Twitter, si è piegato all’obbligo dell’audit Ue per Twitter, ha annunciato Breton.
“Da settembre Elon Musk farà quello che gli viene chiesto di fare se vorrà continuare a operare” sul suolo europeo, ha avvertito Breton.
Tutti i controlli “in bianco” si terranno “prima di settembre”, quando la legislazione si applicherà a tutte le big tech. Breton ha indicato di volersi “recare in California per partecipare personalmente alle verifiche”, sia nel caso di Twitter che di tutte le altre grandi piattaforme.
La Commissione sta creando un team di un centinaio di “specialisti estremamente specializzati” in tecnologia digitale e algoritmi, che saranno responsabili dell’esecuzione delle audit, ha rivelato Breton.
Uk, un regolatore ad hoc per le big tech
Intanto il governo britannico si prepara a introdurre, probabilmente nei prossimi giorni, una legge che istituisce un nuovo regolatore per vigilare sul crescente dominio delle grandi piattaforme tecnologiche, come Google, Amazon e Facebook. Lo riporta il Financial Times.
Il progetto di legge prevede che venga istituita per legge l’unità per i mercati digitali della Competition and markets authority, il principale organo di controllo della concorrenza del Regno Unito. A questo regolatore dedicato verranno conferiti poteri normativi per colpire specificamente le grandi piattaforme digitali.
Secondo i dettagli visionati dal Financial Times, il nuovo regolatore si rivolgerà a un numero ristretto di aziende tecnologiche che generano almeno 25 miliardi di sterline di fatturato globale, o 1 miliardo di sterline nel Regno Unito, con regole personalizzate. Saranno prese di mira solo le aziende che hanno un potere consolidato in almeno un mercato digitale; chi violerà le regole potrà incorrere in multe fino al 10% del fatturato globale. Le norme richiederanno inoltre che ogni azienda nomini un responsabile per la conformità al nuovo regime. Il regolatore potrà anche multare i dirigenti se una società non rispetterà le sue richieste di informazioni.
In Italia rafforzati i poteri dell’Antitrust
Intanto il governo italiano ha già approvato un rafforzamento dei poteri di indagine e sanzione all’Agcm per quanto riguarda le grandi piattaforme digitali, in base a una delle novità introdotte dal Ddl Concorrenza approvato dal Consiglio dei ministri.
Il dl Concorrenza individua l’Agcm quale autorità nazionale competente in materia di mercati equi e contendibili nel settore digitale, in relazione ai servizi di piattaforma di base (per esempio, i servizi di intermediazione online, motori di ricerca, social network).
All’Autorità si attribuiscono, anche in tale ambito, i poteri di indagine previsti in materia di concorrenza e quelli sanzionatori.