“Congelata” un’altra piattaforma di scambio di Bitcoin, la valuta digitale che negli ultimi mesi ha fatto molto discutere sia per questioni di regolamentazione sia perché è stata chiusa per bancarotta una delle principali piattaforme di scambio di questa moneta virtuale, la giapponese MtGox.
Adesso è il turno di Vircurex, piattaforma online di scambio valuta in 5 lingue che sul suo sito Internet ha diffuso un comunicato nel quale annuncia l’immediato blocco di tutte le operazioni di prelievo a causa degli “ingenti prelievi di fondi delle ultime settimane che hanno portato a un totale svuotamento del nostro portafoglio. Ora abbiamo di fronte – prosegue la nota – o la scelta di chiudere il sito, con perdite significative e irrecuperabili per tutti, o quella di trovare una soluzione che consenta al cambio di continuare a operare e ripagare gradualmente le perdite”.
A svuotare le casse di Vircurex sarebbe stato un attacco di hacker, la stessa motivazione addotta da MtGox quando, a fine febbraio, chiuse tutte le transazioni e sbarrò ufficialmente le porte del sito, facendo crollare il valore della moneta digitale e contribuendo ad alimentare speculazioni sulla sua effettiva stabilità.
In seguito il suo ceo, Mark Karpeles, 28enne francese, ha depositato richiesta di bancarotta al tribunale di Tokyo, riconoscendo che una grande quantità della valuta virtuale scambiata sul sito era “scomparsa” e chiedendo la protezione dai creditori. La piattaforma è stata riaperta il 18 marzo ma solo per consentire agli utenti di effettuare l’accesso al proprio portafogli elettronico e controllare il proprio credito in valuta virtuale, non per ritirarla.
Nel frattempo ha chiuso anche Flexcoin, banca canadese specializzata in economia virtuale, dopo che pirati informatici hanno rubato dal suo caveau online 896 Bitcoin, al cambio attuale una perdita di circa 600mila dollari.
Su Bitcoin e su una sua possibile certificazione come valuta legale è in corso un dibattito internazionale. L’Eba (European Banking Authority) ha annunciato la futura pubblicazione di un documento in cui metterà in guardia dai rischi di “violente fluttuazioni delle valute elettroniche”, così come dal pericolo che “i portafogli digitali” in cui si registra la proprietà questi titoli possano esser preda di hacker e pirati informatici.
Il monito dell’Eba segue quello lanciato dalla Banca centrale della Cina, che è stata anche più drastica nel mettere in guardia il pubblico dal Bitcoin. Ha infatti ordinato a banche e istituzioni finanziarie di non usarla, dando così un duro colpo alle quotazioni della valuta, fino a quel momento particolarmente apprezzata proprio dai cinesi. Ma sembra che gli investitori cinesi continuino imperterriti a scommettere su questa valuta.
Meno ostili erano invece apparse in precedenza le posizioni dalle autorità Usa. La Security and Exchange Commission (Sec) degli Usa aveva indicato la possibilità di prendere in considerazione Bitcoin come una security e quindi ritenerla oggetto di regolamentazione. Il nodo del problema, al momento, è non c’è alcuna autorità centrale che governi il valore di questa moneta virtuale, ma solo la legge della domanda e dell’offerta.