il caso

Bitcoin, in Italia bancarotta da 66 milioni per The Rock Trading: arrestati i fondatori



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Andrea Medri e Davide Barbieri in custodia cautelare in carcere per false comunicazioni sociali, formazione fittizia del capitale e infedeltà patrimoniale. Intanto prosegue in Manovra l’iter per la tassazione delle plusvalenze da criptovalute: si punta a un’aliquota del 33%

Pubblicato il 11 dic 2024



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Ennesimo scandalo legato ai Bitcoin, questa volta in Italia. Andrea Medri e Davide Barbieri, i due ex amministratori e fondatori di The Rock Trading, società-piattaforma per investimenti in criptovalute, sono stati arrestati per bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali, formazione fittizia del capitale e infedeltà patrimoniale. I due manager hanno ricevuto un ordine di custodia cautelare in carcere.

Accertato un “dissesto” di circa 66 milioni di euro

L’inchiesta, coordinata dai pm Pasquale Addesso e Grazia Colacicco del pool guidato dall’aggiunto Roberto Pellicano, è stata condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria. L’operazione ha portato alla misura cautelare firmata dalla gip Rossana Mongiardo, che ha accertato un “dissesto” di circa 66 milioni di euro, “a fronte di oltre 18 mila clienti“, che erano iscritti alla piattaforma.

Per The Rock Trading, un tempo leader negli investimenti in Bitcoin, era stata dichiarata la liquidazione giudiziale nell’aprile 2023 e l’a società’azienda, assieme alla Digital Rock Holding, società controllante, era finita al centro già nel 2023 anche di un’indagine della Procura di Milano per ipotesi di truffa e appropriazione indebita ai danni di migliaia di clienti, che avevano visto sparire i soldi da loro investiti. Inchiesta che ha, poi, virato, dopo il fallimento, verso l’accusa di bancarotta. Dalle indagini è venuto a galla che parte dei soldi sono anche stati dirottati all’estero, su conti negli Usa, in Svizzera e in Lituania.

Si attenua la stretta sulla tassazione delle monete virtuali

Nel frattempo, facendo seguito alle richieste delle forze di maggioranza, pare che il governo abbia accettato di rivedere la stretta sui Bitcoin e sulle altre monete virtuali inserita nel disegno di Bilancio.

In teoria la misura attuale dovrebbe aumentare dal 26 al 42% l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e gli altri proventi realizzati con il rimborso o la cessione di criptoattività non inferiori a 2mila euro. Ma sembra sia stato individuato un meccanismo alternativo che prevede dal 2025 l’eliminazione proprio della soglia dei 2mila euro di esenzione su cui non scatta la tassazione della plusvalenza. A questo si aggiungerebbe un (ridotto) aumento di aliquota della tassazione della plusvalenza a partire dal 2026, e che ammonterebbe al 33%.
Sono in particolare gli esponenti di Lega e Forza Italia ad aver sostenuto l’introduzione di queste modifiche: per Giulio Centemero e per il sottosegretario all’Economia Federico Freni “un aumento così drastico della tassazione rischia di incentivare il sommerso a discapito di un mercato in crescita che oggi coinvolge 1,35 milioni di italiani”. I forzisti Roberto Pella e Francesco Cannizzaro hanno invece chiesto di sostituire l’aumento del prelievo fino al 42% con la sola cancellazione del limite di 2mila euro. In questo modo non si dovrebbero creare scossoni alle coperture previste dalla legge di bilancio, lasciando l’aliquota al 26% ma assicurando le risorse attese dalla cancellazione della quota di esenzione di 2mila euro.

L’ipotesi di una tassazione eccessiva, in realtà, non aveva convinto nemmeno gli analisti: “L’aumento dell’aliquota sulle criptovalute non solo accrescerà il carico fiscale per gli investitori, ma gli operatori del settore temono che scoraggerà nuovi investimenti, compromettendo lo sviluppo dell’ecosistema blockchain che stava prendendo piede nel paese”, aveva commentato Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web 3 del Politecnico di Milano, all’annuncio di un innalzamento dell’aliquota sulle plusvalenze derivanti da bitcoin dal 26% al 42%. “Nonostante si faccia riferimento soltanto a Bitcoin è lecito aspettarsi che questo provvedimento riguardi tutte le criptovalute”. Secondo Vella una nuova aliquota dal 2025 avrebbe reso l’Italia “uno dei paesi con la tassazione più elevata per gli investitori in criptovalute, al pari della Danimarca e sotto alla sola all’Islanda”.

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