La migliore compagna della frode 2.0? E’ la moneta virtuale. Secondo Kroll, società di corporate intelligence, le cosiddette criptovalute diventeranno presto il principale veicolo e facilitatore di crimini quali il traffico di droga e il riciclaggio di denaro sporco.
Le monete virtuali, che per ora non sono ancora state adottate come valuta legale o non sono comunque sostenute da nessun governo al mondo, infatti, sono diventate un fattore importante nel trasferimento globale di fondi. Ma c’è di più: alcuni aspetti legati a queste cosiddette criptovalute, come l’anonimato delle transazioni e la non reversibilità dei pagamenti, le hanno rese particolarmente attrattive a scopi criminali. Esse possiedono quindi caratteristiche intrinseche che le rendono particolarmente di appeal per il crimine organizzato. Vediamo quali.
– Anonimato. Il sistema delle monete virtuali non richiede in alcun modo di provare la propria identità prima di effettuare un’operazione. Allo stesso tempo, le operazioni non possono essere ricondotte in alcun modo a un nominativo certo.
– Portata globale. Il sistema permette di trasferire denaro ovunque senza limiti geografici o quantitativi. Ciò significa che i trasferimenti possono avvenire anche attraverso stati terzi, con i quali il mandante non ha connessioni dirette, cosa che gli permette di fare ulteriormente perdere le proprie tracce.
– Velocità. Le transazioni vengono portate a termine rapidamente, nell’arco di pochi secondi. Più la transazione è rapida, meno sono le possibilità che essa venga intercettata e bloccata.
– Impossibilità di rigetto. Le transazioni sono immediatamente finalizzate. La persona che invia il denaro non può annullare l’operazione o richiederne il rimborso.
– Difficoltà di tracciamento da parte delle autorità. Naturalmente, il sistema delle monete virtuali è ancora poco conosciuto e sfugge al controllo delle autorità. Esse non possono quindi di fatto tracciare i flussi finanziari maneggiati in moneta virtuale.
Ma come funziona una criptovaluta? Le criptovalute vengono chiamate con diversi nomi. La definizione più comune è quella di FinCEN, il Financial Crimes Enforcement Network del Dipartimento del Tesoro USA: “la moneta virtuale è un mezzo di scambio che in alcuni contesti specifici opera come una valuta, ma non ne possiede tutti gli attributi. In particolare, la moneta virtuale non possiede stato di valuta legale nella maggior parte delle giurisdizioni”.
I Bitcoins sono un comune esempio di criptovaluta. Essi non sono emessi da una banca centrale o da un governo, ma devono invece essere comprati da un cambiavalute che eroghi Bitcoins, sulla base di un tasso di cambio variabile. Una volta acquisiti, i Bitcoins sono custoditi in un portafogli digitale associato ad un indirizzo specifico dell’utente, analogo ad un numero di conto corrente bancario, che è definito da una complessa serie di lettere e numeri. Una transazione in Bitcoins, che prende la forma di un trasferimento di valuta tra portafogli Bitcoin, viene trascritta in un registro pubblico chiamato ‘blockchain’, che rispetta regole crittografiche molto rigide, verificate dal network stesso.
L’acquirente vuole pagare a un venditore un prodotto o un servizio. Il compratore potrebbe essere in grado di rivolgersi direttamente ad un cambiavalute (che cambierà una moneta sovrana in Bitcoins) o potrebbe invece passare da un mediatore per farli arrivare al cambiavalute stesso. I Bitcoins verranno spostati direttamente dal portafogli virtuale del compratore a quello del venditore. Quest’ultimo potrà rivolgersi ad un cambiavalute per ricavarne valuta corrente da depositare in banca.
“Le caratteristiche che rendono le criptovalute interessanti nell’ambito della frode, del terrorismo, del riciclaggio di denaro sporco e del crimine organizzato, si configurano come una sfida per le forze dell’ordine, le autorità di regolazione e i governi nazionali – commenta Marianna Vintiadis, Managing Director di Kroll – La loro promessa di fornire trasferimenti di denaro veloci, sicuri e low-cost in tutto il globo deve essere vista come un rischio per l’utilizzo di questi strumenti nell’ottica di facilitare e offuscare transazioni legate ad attività criminali, incluso il riciclaggio di denaro, il commercio di droghe e la frode su scala globale. Si tratta di un rischio che va assolutamente combattuto con regolamenti e leggi ad hoc, prima che sia troppo tardi per farvi fronte in maniera efficace”.
Secondo il Global Fraud Report di Kroll, il 75% delle aziende nel mondo è stato vittima lo scorso anno di frode. Questo tipo di frodi stanno diventando infatti sempre più comuni e hanno fatto segnare negli ultimi tre anni un’impennata di 14 punti percentuali. Secondo quattro intervistati su cinque, ovvero l’80% del campione, le loro aziende e organizzazioni sono diventate più vulnerabili a queste frodi nel corso dello scorso anno. Uno degli ambiti in cui i dirigenti sono più consapevoli è il cyber risk, con circa la metà di loro (51%) convinta di essere altamente o moderatamente vulnerabile al furto d’informazioni, uno dei reati che abbiamo visto essere collegati alla diffusione di monete virtuali. Allo stesso modo, il 34% delle aziende si sente vulnerabile ai rischi connessi al riciclaggio di denaro.
“Nella società contemporanea sta iniziando a farsi strada l’idea che le monete virtuali possano essere connesse ai reati 2.0 – continua Vintiadis – basti pensare allo stretto legame tra criptovalute e strumenti di cyber crimine quali i ransomware, che prendono in ostaggio i dati di pc e server e chiedono un riscatto in cambio. Ma c’è ancora una percezione labile di quello che le monete virtuale potrebbero significare per il crimine organizzato: anche questo settore si sta evolvendo e sta iniziando ad affacciarsi al web, che intrinsecamente permette di estendere globalmente il business. Non solo alle autorità competenti servono nuovi, adeguati strumenti per combattere questo scenario moderno, ma anche le aziende dovranno imparare a tutelarsi adeguatamente nei confronti del rischio di frode da esso rappresentato”.