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Bitcoin, Patuelli: “Troppa anarchia, non investirei un centesimo”

Il presidente dell’Abi: “Sono per la legalità. E finora la moneta virtuale non ha nessuna regolamentazione”. Intanto la Cina annuncia un’inchiesta sulle piattaforme di trading che utilizzano la criptovaluta

Pubblicato il 19 Gen 2017

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“Io Antonio Patuelli mezzo centesimo di euro non l’investo nemmeno morto in nessun fattore che non abbia una regolamentazione” come il Bitcoin, la moneta virtuale creata nel 2009. Così il presidente dell’Abi nel corso del forum online di Agi “Viva l’Italia”. “Io sono per la legalità e quindi ho una costruzione logica che che è obbligatoria per tutti i cittadini di sistemi che abbiano una Costituzione”, ha spiegato Patuelli sottolineando che “la costituzione è la premessa della legalita'”. “Con l’inquadramento normativo – ha osservato – ci può essere anche una moneta digitale, senza inquadramento normativo la moneta digitale si muove in una situazione di rischio e anarchia. La legalità costituzionale deve essere davanti a tutto e questa moneta digitale non ha una sede, non ha una normativa, non ha statualità costituzionale che ne risponda e la disciplini. Possiamo essere così doppi concettualmente che per tutti gli strumenti di risparmio servono prospetti, semplificazione, poi arriva il Bitcoin è simpatico, suona bene, sembra molto moderno e lì nessun prospetto, nessuna regola, tutto in termini di anarchia”.

Non sono tempi facili per il Bitcoin. La Banca centrale cinese lancerà un’inchiesta sulle piattaforme di trading che scambiano online bitcoin, la valuta virtuale o criptovaluta, lanciata nel 2009 e che non ha una Banca centrale alle spalle. L’annuncio ha affondato il valore della bitcoin, crollata del 15% a 752 dollari. La settimana scorsa la bitocoin era volata al nuovo livello record di 1.165,89 dollari, per poi arretrare sotto quota 1.000, per le incertezze sulla tenuta della Trumpnomics e per il rafforzamento dello yuan.

La recente ascesa vertiginosa del bitcoin è fortemente legata alla Cina, dove si concentra il 50% della criptovaluta. E proprio dalla Cina arriva la notizia che la Pboc, la Banca centrale, e le autorità municipali di Pechino e Shanghai hanno inviato degli ispettori negli uffici che trattano gli scambi di bitcoin in Cina. Gli ispettori dovranno verificare se le attività delle piattaforme rispettano le norme che regolamentano gli scambi valutari e i rischi finanziari.

La natura virtuale del bitcoin non agevola l’inchiesta, anche perché molti considerano la moneta elettronica più una commodity che una valuta. In Cina gli investitori, sulla scia della svalutazione dello yuan, acquistano bitcoin per aggirare le nuove restrizioni sui movimenti di capitali all’estero. Si tratta di restrizioni che si aggiungono al divieto precedente di acquistare dollari a livello individuale per un importo superiore ai 50.000 biglietti verdi all’anno.

Le tre principale piattaforme cinesi sono BTC China, Okcoin e Huobi e, secondo il sito bitcoinity.org, rappresentano circa il 98% degli scambi mondiali della criptovaluta. Su BTC China, la più grossa piattaforma mondiale di bitcoin, il volume quotidiano di scambi è salito fino a 27,8 miliardi di yuan (3,9 miliardi di euro), contro 1 miliardo di yuan del settembre scorso. Non è un caso che nello stesso periodo il valore della bitcoin sia salito del 70%.

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