Blockchain e trading di materie prime, attenzione ai facili entusiasmi. Secondo l’ultimo studio di Boston Consulting Group (BCG), le applicazioni per la compravendita di asset basate sulla tecnologia della “catena di blocchi” e del registro distribuito sono ancora in fase sperimentale e potrebbero non raggiungere l’adozione di massa nel vicino futuro.
Il ricorso alla blockchain aiuta a sanare inefficienze, migliorare la trasparenza e arginare il rischio di frodi, ma il potenziale di questa tecnologia nel trading di materie prime è stato esagerato, secondo BCG: il volume degli scambi resta al momento trascurabile ed è troppo presto per dire se raggiungerà mai la massa critica. “Sono stati avviati molti progetti pilota, ma nessuno è diventato un sistema reale e su vasta scala. Uno dei problemi è che la blockchain non è disegnata per gli scambi fisici. Il problema fondamentale è: come si traccia un’entità fisica nel mondo virtuale? E’ un conflitto tra due mondi diversi”, afferma il co-autore dello studio Antti Belt sentito da Reuters.
Il passaggio dai “pilota” a sistemi su vasta scala è uno scoglio importante, secondo BCG, e lascia senza risposta un’altra domanda chiave: è giustificabile un investimento massiccio per passare a una piattaforma blockchain? “Questa industria è molto antica, usa terminologie diverse che andrebbero armonizzate”, osserva Belt. “E poi sono già stati spesi milioni, a volte decine di milioni di dollari, sui sistemi IT: chi è disposto a rifare tutto da capo?”
Altro freno all’adozione diffusa è la disponibilità dei trader ad adottare una tecnologia che eroderà i loro margini di profitto, già molto sottili. Se le piattaforme di trading basate su blockchain che vengono sviluppate dimostreranno di poter far sparire le inefficienze di prezzo e la distribuzione disomogenea delle informazioni che oggi garantiscono un minimo di guadagno, è chiaro che i merchant trader remeranno contro l’innovazione, notano ancora gli studiosi. “L’uso di soluzioni blockchain creerà un mercato più efficiente e liquido, spostando il commodity trading dagli accordi bilaterali stretti direttamente fra due parti verso transazioni basate su piattaforme elettroniche che fanno incontrare chi vende e chi compra”, si legge nello studio.
Tuttavia proprio il fatto che i trader siano decisi a difendere il loro ruolo e il loro profitto potrebbe far decollare alcune applicazioni della blockchain che, curando vecchie inefficienze, preservano o migliorano i margini puntando sulla sicurezza. Il co-autore Steven Kok pensa che l’interesse per un’adozione più diffusa di questa tecnologia scatterà quando la molla principale diventerà non tanto l’efficienza quanto la necessità di certificare in modo più affidabile la fonte da cui arriva la materia prima: i benefici evidenti della blockchain potrebbero allora superare le resistenze anche dei trader più tradizionali.
Un caso citato da BCG è quello dell’acquisto di pietre preziose – infatti, il colosso anglo-americano dei diamanti De Beers sta già testando l’uso della tecnologia sulla sua catena di approvvigionamento. Altri gruppi industriali e diverse banche hanno avviato i test di sistemi blockchain per lo scambio di commodity, dal petrolio all’energia, ma BCG avverte: “Non funzionerà per tutti i settori”.