Spid e blockchain, un futuro è possibile. Il Sistema pubblico di identità digitale, lanciato a marzo 2016, è stato disegnato in conformità al Regolamento europeo eIDAS ed è proprio questo legame che potrebbe far pensare a un uso del blockchain come sistema di sicurezza rafforzato. Dal 2018 i cittadini degli Stati membri – potranno usare la loro identità dgitale per fruire di servizi erogati dalle PA di altri Paesi. In questo contesto il blockchain potrebbe diventare uno strumento per la gestione delle risorse pubbliche. Il processo non è semplice perché richiede la costituzione di un archivio digitale, da rendere poi consultabile. Ma i vantaggi potenziali, tra i quali la velocità e la riduzione di frodi e corruzione, invitano a un tentativo. Senza dimenticare che, in un sistema senza centro, tutti potrebbero avere un’identità digitale che superi i confini nazionali (basti pensare a migranti e rifugiati).
Sulla base di questo presupposto la startup Berlinese Jolocom sta sviluppando un servizio che utilizza una blockchain per rendere sicuro il trasferimento delle informazioni per la verifica digitale dell’identità. Non transazioni valutarie, dunque, ma uno scambio di dati sensibili, con un’efficienza e una sicurezza che le attualità modalità centralizzate non possono garantire. Il sistema consente di creare un’identità digitale, il WebID, da verificare solo una prima volta, che poi può essere scambiata con altri membri della comunità; l’’utente può scegliere ogni volta quali e quante informazioni condividere e poi, in ogni momento, revocarne la condivisione. La blockchain viene usata per rendere sicuro questo passaggio, grazie alla registrazione di ogni transazione. Jolocom sta provando a creare un sistema di identificazione digitale centralizzato basato su una decentralizzazione delle transazioni con cui si scambiano le informazioni sensibili.
La startup Factom sta lavorando, invece, alla gestione di dati medici, cartelle cliniche e pagamento di fatture. Non è solo una questione di sicurezza. Registrare la propria storia clinica su un sistema comune, renderebbe più facile reperire e condividere le informazioni con medici, ospedali e cliniche diverse.
Qualcosa inizia a muoversi anche sul fronte istituzionale.
Il governo britannico ha recentemente riservato molta attenzione allo studio dei campi di applicabilità della tecnologia blockchain, con un approccio congiunto che ha coinvolto i principali stakeholders a livello istituzionale, finanziario e accademico: l’obiettivo è quello di migliorare l’economia, l’efficienza della PA e le modalità di interazione tra cittadini e istituzioni, rivoluzionando il modo di intendere, utilizzare e conservare il dato elettronico attraverso tecnologie all’ultimo stato dell’arte.
E l’Italia? Per ora il blockchain è un sistema in sperimentazione nelle transazioni bancarie. Sul fronte PA, invece, il pagamento di servizi pubblici è stato reso più efficiente e flessibile con l’attivazione di PagoPA.
Finora ha aderito al sistema il 60,87% degli enti censiti sull’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, con tassi di adesione rilevanti per quanto riguarda istituti scolastici e Università (91,95%), Camere di Commercio (100,00%), Comuni e loro Associazioni (55,52%).
Hanno completato le procedure di adesione anche tutte le Regioni e le Province Autonome, 11 ministeri e importanti enti della PA Centrale come Inail, Inps, Aci, Consip e Equitalia.
Gli enti attivi – cioè quelli che consentono il pagamento dei loro servizi tramite pagoPA – sono 2.017: 1.090 Comuni, 10 Regioni e Province autonome (Toscana, Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Trento e Bolzano), 5 Ministeri (Miur, Mise, Giustizia, Salute, Difesa), tutte le Camere di Commercio, tutti e 735 gli istituti di istruzione del Lazio, 53 altri enti, fra cui Inail, Inps e Aci. Le operazioni di pagamento effettuate tramite pagoPA sono state 139.791 nel secondo trimestre 2016: 27.486 a aprile, 67.946 a maggio e 44.359 a giugno.