L’ecosistema che sta nascendo attorno ai blockchain è estremamente vitale per le startup: forti investimenti, ricadute in ambito finanziario, tecnologia di base open source. In pratica, è più uno sforzo di astrazione per trovare un nuovo modo creativo di usare i blockchain che non di ricerca tecnologica. È perfetta la storia della piccola startup israeliana ShoCard guidata da Armin Ebrahimi: è l’arma segreta dietro alla ricerca di Sita, azienda del settore del trasporto aereo che sta sviluppando il Single Travel Token, un gettone digitale “sicuro” garantito dai blockchain per virtualizzare tutti i titoli di viaggio e legali necessari agli spostamenti dei passeggeri, dal passaporto e visto sino al biglietto aereo. È un esempio di soluzione complessa a un problema apparentemente impossibile. In ambito finanziario molti dei concorrenti dei BitCoin di Satoshi Nakamoto (pseudonimo dell’hacker creatore anche delle blockchain) sono tecnicamente delle startup: da Coinbase a Ethereum, da MazaCoin, Emercoin a Titcoin. A oggi se ne contano circa un centinaio anche se nessuna ha raggiunto la massa critica di più di 100mila merchant che accettano pagamenti con quella specifica criptovaluta. Fioriscono anche le startup che lavorano sulla creazione di strumenti e servizi connessi, inclusi i Bitcoin Exchange che convertono la criptovaluta in altre divise: da Cexio a BitCurex sino a BitFury, ma anche qui sono centinaia.
Quasi tutte le grandi banche del pianeta poi hanno aperto progetti-pilota per cercare di saggiare il funzionamento di blockchain come strumento di autenticazione delle transazioni. Molte hanno anche investito in startup o creato spinoff che cercano di realizzare gli standard di domani: Setl, Credits, Eris. Ma ci sono anche altre startup che partono dal basso: Ripple è nata nel 2012 con i soldi di Core Innovation, Lightspeed, Pantera e DCG (trentotto milioni di dollari in due round di finanziamenti) costruisce una piattaforma distribuita per gestire transazioni interbancarie tra valute diverse e chiudere accordi di servizio finanziario.
Fuzo Limited ha creato una tecnologia che mescola blockchain e telefoni cellulari con sim virtuali (JavaCard embedded) per gestire transazioni di vario genere, non solo economico, direttamente dal cellulare. La chiave sta nel fatto che tutti i partecipanti alla catena di una blockchain possono vedere tutte le transazioni ma nessuno può modificarle (se non quando ne viene creata una nuova). In questo modo non serve la segretezza assoluta quanto la capacità di rendere inalterabile il processo transazionale. Chain è la startup che ha scelto come modello di business di aiutare i cercatori d’oro delle blockchain fornendo loro gli strumenti anziché impegnarsi in prima persona: la startup fondata nel 2013 a San Francisco fornisce soluzioni alle aziende per realizzare la propria blockchain. In maniera simile, Funderbeam offre un servizio (a pagamento) agli imprenditori, capitalisti di ventura e angel investor mettendoli in condizione di scoprire, analizzare e fare benchmark certificati e sicuri di altre startup. Invece, la britannica EverLedger si è specializzata nella gestione di una rete blockchain per certificare e autenticare le transazioni di diamanti e altri beni di lusso utilizzando smart contracts. GuardTime, nata nel 2007 ad Amsterdam, si occupa invece di garantire l’integrità di sistemi, reti e dati per impianti industriali, mentre l’americana Factom dal 2014 offre una catena blockchain in cui chiunque può inserire qualsiasi tipo di dato o informazione in modo sicuro e certificato.
Ma la serie più pregiata ed esigua di startup è quella che si occupa delle cosiddette DAO, organizzazioni autonome decentrate. «La DAO ideale – dice il ricercatore Vitalik Buterin – è facile da descrivere: è una entità che vive solo su internet ed esiste in modo autonomo: è sostanzialmente una intelligenza artificiale.
Ma dipende sistematicamente anche dall’assunzione di persone per svolgere alcuni compiti che l’essere automatico da solo non può fare». Messa così sembra fantascienza cyberpunk o un episodio del serial “Person of Interest”, ma in realtà esistono startup come Peerplays, “The DAO” (che ha raccolto 50 milioni di dollari di investimenti) e Trang DAO.
La Silicon valley parla delle DAO come delle corporation del futuro ma sono pochi i leader che vogliono affrontare il discorso in pubblico: anche gli hacker hanno pudore quando sognano.