Il mercato delle tecnologie blockchain non si è lasciato fermare nemmeno dall’emergenza Covid-19, e inizia a dare importanti segni di maturità, con un calo del numero degli annunci e un aumento delle iniziative concrete, che non si limitano più soltanto al settore finanziario ma riguardano sempre più anche altri comparti, come l’agroalimentare, le utility e la Pubblica amministrazione. L’Italiana è però in controtendenza rispetto alla media internazionale, pur rimanendo nella top ten dei paesi con più iniziative legate alla distributed ledger technology. Nel 2020 gli investimenti in Italia su progetti blockchain sono infatti scesi del 23% e valgono 23 milioni di euro: un trend negativo causato dall’emergenza che ha limitato il lancio di nuove iniziative e ha spinto le aziende a concentrarsi su progetti già attivi. Emergono però incoraggianti segnali di maturità dal panorama italiano: il 60% della spesa riguarda progetti operativi, il 28% progetti pilota, soltanto l’11% proof of concept e appena l’1% formazione. Quanto ai settori, in primo piano rimane la finanza con il 58 della spesa nazionale complessiva, con un aumento degli investimenti del 6%, seguita da agroalimentare (11%), utility (7%) e PA (6%). E’ questa la fotografia scattata dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, che è stata presentata durante il convegno online “Blockchain: the hype is over, get ready for ecosystems”.
Quanto allo scenario internazionale, su 1.242 iniziative censite dal 2016 al 2020, di cui 734 annunci e 508 progetti concreti, 267 quelle avviate negli ultimi dodici mesi a livello, con 70 annunci e 197 progetti concreti, di cui 83 in fase già operativa. Rispetto all’anno precedente i progetti concreti hanno così registrato un +59%, e gli annunci sono invece diminuiti dell’80% rispetto al 2019, “segno di un mercato che sta uscendo dall’hype mediatico – si legge in una nota dell’Osservatorio – per concentrarsi su iniziative più operative e la creazione di ecosistemi”.
A dimostrazione che l’attenzione degli operatori si sta spostando sempre più verso lo sviluppo di applicazioni e meno sulla creazione di nuove piattaforme c’è il fatto che il 47% dei casi mappati nel 2020 utilizza piattaforme esistenti, mentre ad esempio la finanza decentralizzata ha visto moltiplicare applicazioni, utenti e capitale investito, fino all’annuncio dello sviluppo di Diem, l’ex Libra, valuta digitale sponsorizzata da Facebook. Se durante l’anno è aumentato l’utilizzo di criptovalute e stablecoin, il 2020 è stato caratterizzato anche dall’avvio delle valute digitali delle Banche Centrali: il Dcep cinese, in fase di sperimentazione, a cui sono seguite esplorazioni, analisi, prototipi di altri istituti e l’annuncio della BCE di voler realizzare il Digital Euro.
La portata della blockchain non si esaurisce però nelle sue applicazioni finanziarie: l’emergenza sanitaria, secondo i dati dell’Osservatorio, ha evidenziato i benefici ottenibili da soluzioni Blockchain per la gestione dell’identità in ambito clinico/sanitario o economico, sono nati iniziative di filiera in ambito supply chain e progetti di infrastrutture internazionali come Ebsi, la European Blockchain Services Infrastructure che sta promuovendo diverse sperimentazioni.
La pole position tra i Paesi più attivi nel settore è degli Stati Uniti, che contano su 72 progetti avviati negli ultimi cinque anni, seguiti dalla Cine con 35 progetti e dal Giappone con 28.
“Nel 2020 le tecnologie blockchain hanno continuato a svilupparsi e sono sempre più utilizzate dalle imprese per migliorare processi aziendali e creare nuove opportunità di business in ambiti diversi dalla finanza, dall’agroalimentare alle utility, dalla Pa alle assicurazioni – sottolinea Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger – La frenata del mercato a causa della pandemia è compensata da una maggior maturità delle imprese, che investono principalmente in progetti operativi e pilota, e delle piattaforme disponibili, alcune già operative e altre che lo diventeranno nel 2021”.
“Il mercato della Blockchain sta uscendo dalla fase più ‘mediatica’ per concentrarsi sulla costituzione di ecosistemi che puntano a creare nuove opportunità realizzando piattaforme infrastrutturali e applicazioni di business basate su di esse – aggiunge Francesco Bruschi, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger – Lo sviluppo di queste infrastrutture abilitanti, però, non è ancora concluso: aziende e PA guidano lo sviluppo tecnologico verso soluzioni più facilmente utilizzabili e sarà importante seguire l’evoluzione della normativa, che spesso è ancora un ostacolo allo sviluppo di soluzioni più innovative”.
Le applicazioni di business
Nella maggior parte dei casi i progetti sviluppati su piattaforme Blockchain è focalizzata su applicazioni legate a processi esistenti: spesso le aziende scelgono di partire da un’applicazione semplice che possa raccogliere numerosi partecipanti per poter in seguito sviluppare soluzioni più innovative, utilizzando piattaforme application specific e quindi rendendo ancora difficile l’interoperabilità tra le applicazioni e riducendo le potenzialità offerte dagli ecosistemi. Il 59% delle applicazioni lanciate dal 2016 a oggi hanno l’obiettivo di facilitare la condivisione e il coordinamento dei dati fra diversi attori per evitare che insorgano divergenze, il 25% circa nasce per migliorare la verificabilità dei dati da parte di altri attori dell’ecosistema o di terzi, in particolare nell’agroalimentare per la tracciabilità. Il 13% utilizza i crypto asset abilitati dalle piattaforme Blockchain per scambiare denaro o altri asset e il 4% è dedicato alla realizzazione di processi affidabili e verificabili.
Gli elementi da migliorare
“Per sfruttare appieno le potenzialità degli ecosistemi Blockchain – sottolinea la ricerca – ci sono ancora alcuni elementi da migliorare. Gli ecosistemi devono poter accogliere nuovi partecipanti necessari all’interno di un’applicazione e le piattaforme, sia permissionless sia permissioned, devono diventare più affidabili sia in termini di scalabilità che di sicurezza. Poi le applicazioni devono potersi integrare con i sistemi informativi attualmente in uso nelle aziende, devono poter sfruttare alcuni servizi abilitanti come l’identità digitale e il cash on chain e devono poter contare su normative chiare ma che allo stesso tempo lascino aperta la possibilità di innovare”.
Il quadro normativo
Durante il 2020 è stato presentato il Digital Finance Package, elaborato dalla Commissione Europea con lo scopo di stimolare il settore Fintech, regolare i cryptoasset e tutelare i consumatori che intendono avvalersi di queste tecnologie. Questo aggiornamento imporrà ai singoli stati membri una fase di raccordo o armonizzazione rispetto alle legislazioni vigenti. La norma prevede la necessità di un’autorizzazione per poter operare sui mercati di crypto-asset, e che ci sia una sorta di fintech sandbox per consentire agli operatori di lavorare e sperimentare nuove soluzioni tecnologiche. “Questa normativa – conclude la ricerca dell’osservatorio – potrebbe aumentare la complessità sia per progetti di stablecoin, come Diem di Facebook, sia per eventuali Central Bank Crypto Currency proposte da banche centrali straniere, come il digital yuan, e darebbe all’Europa il tempo per sviluppare il Digital Euro, annunciato dalla BCE lo scorso ottobre”.