“Senz’altro durante il periodo di lockdown, e dalla fase due in poi, dopo i primi momenti di panico, le aziende hanno ricercato soluzioni digitali per dare continuità al business. Sia quelle che dovevano garantire i servizi essenziali e i beni di prima necessità, sia quelle che avevano la necessità di organizzarsi per proseguire il business con il personale costretto allo smart working. In questo quadro tutto l’universo delle soluzioni di videoconferenza, collaboration, cloud e software di produttività ha avuto un’esplosione di richieste e di adozione. Nella prima fase, come gesto di solidarietà per il momento drammatico che il Paese stava attraversando, abbiamo fornito gratuitamente per tre mesi la consulenza e le applicazioni con Cisco e Microsoft. Chi era già strutturato con apparati di videoconferenze, dal canto suo, ha avuto ulteriormente bisogno di sfruttarli, integrando i sistemi con i dispositivi personali degli smart worker, mentre il tema ancora successivo è stato quello di far dialogare gli utenti da casa con i collaboratori e i clienti”. A spiegare la “rivoluzione digitale” che ha investito il mondo del lavoro con l’emergenza Coronavirus è in un’intervista a CorCom Paolo Bonetti, chief marketing manager di Durante, System integrator specializzato nel campo della unified communication che si occupa di installare, gestire e curare la manutenzione dei sistemi di collaboration e della customer experience multicanale, on premise, in hosting o in cloud.
Bonetti, i cambiamenti si esauriscono con le necessita dello smart working?
Ovviamente no, il distanziamento che continua a essere necessario per tenere sotto controllo i contagi ha creato l’esigenza di soluzioni che prima non erano mai state prese in considerazione in modo così diffuso: è il caso ad esempio dello space booking per la prenotazione delle sale riunioni e dei desk. Su questo abbiamo creato una soluzione, social distance desk, che garantisce il distanziamento in tempo reale distribuendo il personale su vari piani nel modo più razionale, per garantire a chi prenota la sicurezza di poter lavorare al riparo dai rischi, e all’azienda la certezza di avere dipendenti che non corrono il pericolo di essere contagiati sul lavoro.
Il vostro video network operation center si inserisce in questo stesso filone di soluzioni?
Il Video Network Operation Center è un nucleo di assistenza altamente qualificato per supportare i clienti che hanno infrastrutture o dispositivi di videoconferenza. Possono attivare in caso di necessità il “Vnoc”, che può dare supporto per l’organizzazione, per il setup degli strumenti, o svolgere il ruolo di un vero e proprio servizio di concierge che organizza il meeting in termini di strumenti e inviti, e fa in modo che all’ora esatta tutte le persone vengo chiamate e il sistema funzioni senza perdite di tempo, che spesso per un’azienda equivalgono a perdite di denaro. Rispetto a un classico help desk ha due funzioni in più: può interagire in tempo reale con i dispositivi dei singoli clienti, ma anche comparire in videoconferenza a chi richiede assistenza, in tempo reale. Oppure può predisporre tutto da remoto, fino a integrare una funzione di “morning check” che garantisce una verifica quotidiana dello stato dei dispositivi tecnologici, per verificare che siano pronti all’utilizzo. Il nostro obiettivo è di assicurare servizi proattivi e una user experience il più possibile semplice, garantendo la completa affidabilità dei sistemi. Ovviamente siamo agnostici rispetto ai vendor, e dopo un assessment iniziale ci impegniamo a dare un’assistenza proattiva su tutti i tipi di tecnologia, non soltanto per la videoconferenza, ma anche con servizi di presidio per la sala, dall’audio alle lavagne interattive alla diffusione audio, arrivando anche ad assicurare la regia in caso di grandi eventi o sessioni plenarie come ad esempio le assemblee dei soci. Può essere sia un’integrazione a un servizio di help desk già esistente, sia un servizio indipendente e dedicato.
Al di là del drammatico aspetto sanitario, l’emergenza Coronavirus ha avuto effetti positivi almeno sulle competenze digitali dei vostri clienti?
Se consideriamo i dati drammatici rispetto al calo del Pil Italiano nel 2020, che supererà il -11%, e i dati pessimi che riguardano la scolarizzazione e la cultura che ci vedono nelle posizioni di fondo in Europa, una delle poche cose positive che portiamo a casa dall’emergenza è una “scolarizzazione forzata” sull’utilizzo degli strumenti digitali. Alcuni infatti utilizzavano già strumenti di collaboration, ma la maggior parte ha affrontato questo cambiamento rimanendo inizialmente spaesato. Ecco, se è vero che bastano due settimane ad abituarsi a una nuova routine o a un nuovo strumento, l’aver dovuto convivere con il digitale continuativamente per tre mesi, e probabilmente per i prossimi sei o nove, produrrà un risultato importante in tema di competenze. Le aziende si sono dovute adeguare, i dipendenti si sono formati, e dopo le prime richieste di strumenti di base oggi una gran parte è orientata sullo smart working di secondo livello, come ad esempio la gestione dell’interno telefonico in azienda quando si lavora da casa. Il rinnovo delle tecnologie è importante perché le persone continueranno almeno in parte a lavorare in smart working. Senza trascurare ovviamente il tema della sicurezza delle connessioni, che è un requisito base quando si parla di lavoro agile.
Sta descrivendo uno scenario dove non sembra previsto un ritorno alle vecchie modalità e abitudini di lavoro
Non credo che torneremo come prima, e mi auguro che questa sia un’opportunità per rendere tutto più efficiente ed efficace. Non sempre è necessario lavorare in azienda, non sempre è bene lavorare da casa, perché anche questo potrebbe creare problemi di natura sociale ed economica. Non si deve perdere l’abitudine alla collaboration informale che nasce davanti alla macchina del caffè in ufficio, ma allo stesso tempo ridurre il footprint limitando gli spostamenti e migliorando gli strumenti di collaborazione può essere una grande opportunità per creare un equilibrio migliore rispetto a quello a cui eravamo abituati.
Avete incontrato problemi di connettività per i vostri servizi durante il lockdown? Quello dell’efficienza delle reti tlc è un tema da considerare o l’esame è stato superato?
L’Italia è arrivata a investire presto nella fibra ottica, ma poi non ci ha creduto. Questo ha rappresentato una grande perdita di competitività per il nostro Paese, perché è evidente che poter contare su strumenti di comunicazione efficaci migliora il tasso di innovazione. Se negli ultimi anni avessimo avuto una maggiore diffusione della fibra la digital transofrmation sarebbe iniziata prima e meglio. Durante il lockdown abbiamo incontrato tante problematicità legate alla disponibilità di banda: la speranza è che si sia trattato di un caso estremo che serva da stimolo a investire in infrastrutture di telecomunicazione, fibra e 5G, proprio in un momento in cui finalmente ci sarà disponibilità di risorse grazie al recovery fund che arriverà dall’Ue.