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Boom di utili ma zero tasse per Amazon, negli Usa esplode la polemica

Grazie alla riforma fiscale di Trump il colosso dell’e-commerce ottiene dalle autorità federali un rimborso di 129 milioni di dollari, pagando un’aliquota inferiore all’1,5%. Il sindaco di New York Bill De Blasio: “Stop alle diseguaglianze economiche”

Pubblicato il 18 Feb 2019

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Per il secondo anno consecutivo Amazon non paga tasse negli Stati Uniti, anzi riceve un rimborso da 129 milioni di dollari per gli acquisti di apparecchiature e per le attività di ricerca e sviluppo. A evidenziarlo è il think tank progressista “Institute on taxation and economic policy”, che sottolinea come la società abbia registrato nel 2018 utili per 11,2 miliardi di dollari, attribuisce questo risultato alla riforma fiscale approvata dal congresso americano con la presidenza Trump. La nuova normativa ha infatti abbassato le tasse nei confronti delle aziende dal 35% al 21%, pur senza “chiudere le scappatoie che consentono alla società redditizie di evitare il pagamento delle tasse federali e statali sul reddito su quasi la metà dei loro profitti”, sottolinea la fondazione. Il risultato è che l’aliquota federale per Amazon si sia ridotta al di sotto dell’1,5%, aliquota pagata dal 20% delle famiglie più povere negli Stati Uniti.

A pochi giorni dalla decisione della società fondata da Jeff Bezos di abbandonare il progetto di costruire un secondo headquarter a New York, i dati pubblicati dall’istituto rinfocolano la polemica contro il colosso dell’e-commerce, finito spesso nelle mire dello stesso presidente Trump.

La replica della società è netta: “Amazon paga tutte le tasse richieste negli Stati Uniti e in ogni Paese in cui opera. Abbiamo investito più di 160 miliardi di dollari negli Stati Uniti dal 2011″.
Duro il sindaco di New York, Bill De Blasio, anche per via della decisione di non realizzare più la sede nel Queens: “Avrebbe dovuto cercare di convincere i critici”, afferma in un editoriale affidato al New York Times, sottolineando come i critici verso l’operazione si siano fatti portavoce della “crescente frustrazione nei confronti di Corporate America”, e argomentando che “la crescente rabbia contro le disuguaglianze economiche non possa essere più ignorata”.

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