Le nuove frontiere della pubblicità passano ormai attraverso l’utilizzo di più schermi e piattaforme. Ma questo trend è reale? Quanto coinvolge l’Italia? Luca Bordin, General Manager Media Sales & Solutions Nielsen, non ha dubbi: Confrontando dati da diverse aree del mondo, Nielsen rileva che, superato un gap iniziale, l’Italia si sta mettendo al passo con gli altri Paesi europei e sta ripercorrendo i trend degli Stati Uniti, dove nel 2012, in termini di quota sul totale degli investimenti in pubblicità, il digitale rappresentava il 22%. In Italia siamo passati dal 3,6% del primo trimestre 2008 al 16,4% nei primi tre mesi del 2013.
Tra tante piattaforme, device e canali, alcuni sono più efficaci di altri, o contano tutti allo stesso modo?
Le esigenze di un’azienda che comunica ricadono sempre in due grandi aree: il bisogno di awareness e la spinta all’azione del consumatore. Quindi l’efficacia dipende da qual è l’obiettivo: l’importante è dosare il media mix. I nuovi media, in particolare il mobile, ad esempio, sono più adatti a operazioni legate alla “call to action” del consumatore, cioè la spinta a compiere un’azione. In questo senso la geolocalizzazione ha enormi potenzialità: il messaggio è su misura sul luogo in cui l’utente si trova, gli permette di confrontare prodotti, lo porta in un preciso punto vendita, gli offre un coupon da spendere immediatamente.
Il settore però è complesso, mette in moto un ecosistema fatto di produttori di device, sviluppatori di software e applicazioni, creatori di contenuti, disegnatori di campagne pubblicitarie. A che punto siamo?
L’Italia ha reagito con un po’ di ritardo alle opportunità del digitale, ma negli ultimi anni l’intera filiera si sta evolvendo rapidamente. È chiaro che competenze così particolari hanno bisogno di tempo per svilupparsi. La creatività non ci manca, il fenomeno delle start up sta prendendo forza negli ultimi mesi anche in Italia.
Gli inserzionisti da noi usano la pubblicità multiscreen? E gli utenti la guardano?
I consumatori sembrano più evoluti rispetto all’industria. Siamo tra i primi Paesi per penetrazione di smartphone e tablet e quindi l’Italia si presta benissimo a strategie di comunicazione multiscreen. Per ora le adottano soprattutto le multinazionali, i big spenders. Ma pian piano stanno arrivando anche gli altri: gli inserzionisti che utilizzano il digitale sono raddoppiati dal 2008 al 2012. Stiamo parlando di 5mila aziende.
Che ruolo hanno i social media?
Sono una piazza virtuale che non può essere ignorata da chi è sul mercato. Se un brand fa comunicazione, o semplicemente è presente sugli scaffali di un negozio, se ne parlerà sui social media. Sono uno strumento imprescindibile per le analisi di mercato, ma anche per chi deve gestire un brand e capire le opinioni dei consumatori o, ad esempio, per un broadcaster che vuole misurare il coinvolgimento generato dai programmi trasmessi.
E il futuro che cosa ci riserva?
Lo sviluppo degli strumenti a disposizione dei consumatori è rapidissimo. In meno di 10 anni, si è passati dalla diffusione di massa dei pc portatili agli smartphone e tablet, fino al lancio di “wearable devices,” come orologi o occhiali sempre connessi. Queste sono le nuove frontiere. Dal punto di vista delle aziende, invece, l’aspetto più interessante è lo sviluppo di competenze e strumenti per gestire i “big data”: saperlo fare bene rappresenta un vantaggio competitivo.
L'INTERVISTA
Bordin: “Advertising multiscreen, l’industria acceleri”
L’esperto di Nielsen: “Prossima tappa gli wearable device sempre connessi. Italia terreno fertile per le nuove strategie”
Pubblicato il 15 Set 2013
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