Braccialetti elettronici, affondo degli avvocati: “Sono pochi, serve nuova gara”

L’Unione delle Camere penali denuncia: ci sono solo 2mila dispositivi che costano 11 milioni di euro all’anno. “Molti condannati costretti in carcere anzichè ai domicilari per mancanza di controllo”

Pubblicato il 30 Lug 2015

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Ancora “ingiuste detenzioni” conseguenti alla “carenza” di braccialetti elettronici. A denunciarlo sono gli avvocati penalisti, spiegando che “i braccialetti elettronici attualmente a disposizione sono circa 2mila e costano allo Stato italiano 11 milioni di euro l’anno (5.500 euro l’uno) versati a Telecom Italia (fornitore unico, senza gara d’appalto) a cui vanno aggiunti gli 80 milioni di euro, versati sempre a Telecom dal 2001 al 2011 per l’utilizzo, in via di sperimentazione, dei primi 114 braccialetti. Ma in questo decennio – rileva l’Unione delle Camere penali – sono stati pochissimi quelli effettivamente utilizzati. L’attuale contratto di fornitura non prevede peraltro la possibilità dell’aumento del numero di dispositivi da parte di Telecom.

“Occorrerebbe dunque rifare nuovamente l’appalto milionario – continuano gli avvocati penalisti – Ad oggi, tale gara non è stata ancora indetta ed il plafond di strumenti a disposizione rimane quello del tutto insufficiente delle 2mila unità”. L’Unione Camere Penali, con il suo Osservatorio Carcere, sottolinea che si è anche registrata “una notevole difficoltà a reperire numeri precisi circa i casi sottoposti ai singoli uffici giudiziari nonché’ ai provvedimenti effettivamente eseguiti”.

I penalisti, che già in passato hanno denunciato una “aberrante situazione relativa alla mancata applicazione” delle norme sui controlli attraverso dispositivi elettronici, ribadiscono oggi, alla luce dei dati statistici in suo possesso, la denuncia della “illegale detenzione di tutti coloro che, pur avendo ottenuto gli arresti domiciliari, restano in carcere per la mancata disponibilità di mezzi di controllo. Dopo oltre un anno dall’entrata in vigore della riforma, che avrebbe dovuto favorire e incrementare le uscite dagli istituti di pena, la norma trova, nella maggior parte dei casi, solo una applicazione virtuale o viene disapplicata per l’impossibilità di darne esecuzione”. L‘Ucpi, quindi, si riserva “eventuali azioni di protesta – conclude l’avvocato Riccardo Polidoro, responsabile dell’Osservatorio Carceri della Unione Camere Penali – ove non venga immediatamente aumentato il numero di braccialetti a disposizione dell’Autorità giudiziaria, ponendo fine a quella che altro non è che una ingiusta detenzione per coloro che potrebbero usufruire del dispositivo di controllo e, invece, restano reclusi”.

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