Multa da 853 milioni di dollari in Corea del Sud per Qualcomm per presunte violazioni antitrust sulle attività di licenza dei brevetti. Si tratta della sanzione più alta mai inflitta a una singola azienda nel Paese asiatico.
Dopo un’indagine durata tre anni, la Korea Fair Trade Commission ha accusato il colosso americano dei semiconduttori di avere violato le leggi sulla concorrenza limitando l’accesso di produttori rivali ai propri brevetti, rifiutandosi di offrire licenze su alcune proprietà e offrendone altre con pacchetti contenenti brevetti non necessari.
Qualcomm impediva inoltre ai concorrenti di utilizzare brevetti legati ai cosiddetti “standard essenziali” su tecnologie di connettività moile, fenomeno che impediva una sana concorrenza all’interno del mercato. Oltre alla multa da 865 milioni di dollari la Kftc ha ordinato a Qualcomm di modificare la strategia commerciale utilizzata sino ad oggi e pertanto porre fine ai comportamenti illeciti perpetrati nel corso degli ultimi anni: insomma, niente più “patent-bundling”, con Qualcomm che deve offrire ai clienti la possibilità di rinegoziare gli accordi.
Negli ultimi due anni Qualcomm ha dovuto affrontare diverse denunce da parte di vari enti regolatori nazionali, che hanno mosso al produttore accuse simili a quelle della Corea del Sud. Fra i paesi che si sono scagliati contro il modus operandi di Qualcomm la Cina, che a febbraio 2015 ha imposto al produttore una multa di 975 milioni di dollari e nuove regole per la vendita delle licenze. In Europa Qualcomm ha un processo attivo gestito dagli organi per l’Antitrust. Alla base di tutte le accuse troviamo sempre la gestione dei brevetti.
È la seconda volta la Corea del Sud ordina una multa al produttore, ed è anche la seconda volta in assoluto che Qualcomm viene sanzionata da un organo nazionale per questioni legate ad azioni anticompetitive. Proprio come il processo cinese del 2015, anche quello sudcoreano verteva principalmente intorno alla vendita in pacchetti di diverse licenze per l’uso di tecnologie proprietarie ai clienti di chipset. Nei pacchetti naturalmente c’erano brevetti indispensabili, ma anche e soprattutto proprietà intellettuali che i clienti non richiedevano espressamente.
Il gruppo di San Diego ha già fatto sapere che farà ricorso contro la decisione, sostenendo di non avere limitato la vendita da parte di altre società concorrenti. Secondo Qualcomm, gli accordi di licenza usati esistono nel Paese e nel mondo da decenni e le autorità di regolamentazione non li hanno mai messi in discussione.
“Hanno dato una falsa rappresentazione della realtà di questo settore, di come si è svolta la vicenda e del nostro ruolo”, ha detto Don Rosenberg, consigliere generale di Qualcomm.