Retelit sarebbe entrata in trattative esclusive per rilevare le attività di BT Italia, risultando l’unico operatore rimasto in una gara che aveva visto come partecipanti anche Tim, Ultranet e il fondo tedesco Mutares. Tra le altre offerte arrivate sul tavolo di BT c’era anche quella di Nextalia, il fondo dell’ex top banker di Mediobanca Francesco Canzonieri.
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I player in gioco
A dare la notizia è il Sole 24Ore, che ricorda che il processo rientra nella strategia di dismissione degli asset italiani da parte di BT. La vendita è infatti l’ultimo atto delle vicende che hanno interessato la divisione italiana del gruppo di Tlc inglese, reduce da uno scandalo contabile del 2017 che ha costretto ad accantonare 530 milioni di sterline e ha portato a un lungo processo che ha visto la condanna di otto persone, tra cui ex dipendenti di BT Italia, per manipolazione dei bilancio e per frode.
Retelit, controllata dal fondo spagnolo Asterion e focalizzata sul mercato B2B, ha già rilevato nel 2023 BT Enìa, operatore attivo in Emilia-Romagna, e più di recente ha acquisito Sparkle insieme al Mef, per un valore di 700 milioni di euro, con un closing dell’operazione atteso all’inizio del 2026. BT Italia, che tra i suoi principali clienti annovera gruppi come Stellantis ed Eni, ha chiuso l’anno fiscale 2023 mettendo a segno 300 milioni di euro di ricavi (-12% rispetto all’esercizio precedente) e un utile di 6.44 milioni, contro i 28 milioni deel 2022). La divisione, il cui personale full-time equivalent si aggira intorno alle 370 unità.
La strategia di disimpegno di Tim
Già a metà marzo erano circolate indiscrezioni di stampa circa il ritiro di Tim dalla procedura competitiva per l’acquisizione di BT Italia, lasciando Retelit e Ultranet come unici operatori ancora in corsa. “Tim aveva inizialmente presentato, nel settembre scorso, un’offerta non vincolante per gli asset italiani dell’operatore britannico, subordinata alla previsione di una dote di circa 100 milioni di euro a sostegno del piano di rilancio della divisione, attualmente in fase di ristrutturazione”, spiega Intermonte.
Le motivazioni ufficiali del disimpegno non sono state comunicate, ma l’operazione appariva in linea con il posizionamento strategico di Tim Enterprise, “orientato a operazioni di M&A su target di piccola e media dimensione per consolidare l’offerta nei segmenti connettività, cloud e cybersecurity rivolti a large corporate e pubblica amministrazione”.
Secondo gli analisti “a influire sulla decisione di Tim di ritirarsi dalla gara, secondo gli analisti, ci sono lo stato di turnaround di BT Italia e il limitato potenziale di creazione di valore associato a un asset di dimensioni contenute e già oggetto di ristrutturazione”.
A ciò si aggiunge l’orientamento espresso dal management di Tim “a non perseguire operazioni M&A nel segmento Enterprise che comportino impegni finanziari rilevanti, come nel caso di grandi target quali Lutech, Engineering o MaticMind, caratterizzati da bassa redditività (10-15%), modelli di business labour-intensive e multipli valutativi elevati”
“Tim Enterprise, del resto, secondo il management della società madre, non ha difficoltà a intercettare la domanda di mercato, ma deve focalizzarsi sui margini, privilegiando la crescita organica e optando per una strategia “make” anziché “buy”, pur non escludendo piccoli investimenti equity in società partner attive nell’integrazione di sistemi”, conclude Intermonte.