INTERNET

Bufale online, Orlando: “Serve patto tra Stati e piattaforme”

Il ministro della Giustizia: “Se le democrazie non sapranno far vivere le loro regole anche nella Rete la censura si svilupperà per esigenze commerciali. Lavoriamo con le associazioni per dare vita a soggetti che possano monitorare e smentire le notizie false”

Pubblicato il 17 Gen 2017

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“Giocare ad armi parti la lotta che si svolge nel Web, spesso tra vero e falso”. Per raggiungere questo obiettivo, secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che dedica a questo tema un intervento sul Foglio, è necessario un patto tra Stati e piattaforme Internet.

“Senza un patto tra Stati e piattaforme – spiega il Guardasigilli – saranno queste, come in parte si sta già avverando, a decidere cosa è e cosa non è corretto pubblicare. La censura si svilupperà per esigenze commerciali se la democrazia, se le democrazie non sapranno far vivere le loro regole anche nella rete. Non soltanto, non vedo nella California tecnologica e liberale ‘il male assoluto’, come pure qualcuno ha voluto addebitarmi, ma segnalo che la riflessione su come contenere un uso violento dei social nasce proprio da là”.

“L’insidia che il rapporto tra società della rete e Stati, reso necessario da esigenze di sicurezza e di tutela della persona, possa tralignare verso forme di restrizione delle libertà, esiste. Come esiste ogni qualvolta un potere pubblico interviene per tali finalità. Tuttavia non vedo questo rischio se il processo avviato sarà pubblico, trasparente e costantemente sottoposto al controllo delle opinioni pubbliche e della società civile“.

“La rete – sottolinea ancora il ministro – è una, istantanea, globale. Gli ordinamenti restano divisi e lenti, rinchiusi nei vecchi confini. E questo può far diventare la rete un luogo dove le regole di tutela della persona, che valgono nel mondo reale, restano sospese. Le conseguenze sono gravi. Soprattutto per coloro i quali non possono difendersi da soli, quelli che vengono ogni giorno discriminati nel mondo reale e che, in assenza della cogenza della legge, rischiano di esserlo doppiamente in quello virtuale. La censura, siamo d’accordo, non è la via. Ma neppure la rassegnazione”.

“E’ necessario porsi il tema se tra luddismo e ingenua (e talora colpevole) ammirazione a ogni cambiamento globale non ci sia lo spazio per recuperare una visione critica del mondo – prosegue Orlando – la capacità di leggere le opportunità e insieme i limiti che ogni innovazione comporta. Diversamente il rischio è quello di una crescente subalternità all’esistente”.

“Parlo distintamente di fake news e post verità, perché indubbiamente, rispetto al tema dei messaggi contenenti propaganda d’odio, risulta un terreno ancora più sdrucciolevole. Ma parto da un punto di contatto tra i due fenomeni. Ci sono notizie che formano il substrato per la propaganda d’odio. Questa dinamica non si contrasta con verità di Stato, che rischiano di essere rimedi peggiori del male. La via, a mio avviso, è quella della costruzione degli anticorpi necessari a reagire sulla rete”, favorendo cioè “la capacità di reazione sulla rete dei soggetti più frequentemente colpiti da questo tipo di notizie”.

“Con l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) – spiega il ministro della Giustizia – stiamo cercando di percorrere questa strada: stimolare la nascita di soggetti non pubblici che siano in grado di monitorare e smentire quando necessario le notizie false, funzionali alla propaganda d’odio. Le associazioni coinvolte hanno aderito positivamente alla nostra sollecitazione, che può essere soltanto tale”.

“Qualunque soggetto governativo dovesse cimentarsi direttamente in questo campo non potrebbe che suscitare sospetti e illazioni e determinare il rischio effetti distorti e censori. Il compito dello Stato dunque non può che consistere, a mio avviso, nel supporto ai soggetti colpiti dalle notizie false o distorte. Se la rete è ormai uno dei luoghi principali del conflitto e della dialettica democratica la risposta più efficace, autorevole e tempestiva non può essere quella della criminalizzazione”.

“Il compito degli Stati, nel confronto con i soggetti che agiscono nella rete, è quello di dare confini certi a questo campo di gioco e al contempo – conclude Orlando – aiutare i soggetti più deboli a reagire e a difendersi, utilizzando la potenza stessa del web. Per aiutare i cittadini a discernere, la cosa migliore che possiamo fare è consentire che la lotta che si svolge nel web, spesso tra vero e falsa, sia giocata ad armi pari”.

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