MEDIA

BuzzFeed nei guai in Uk: “Inganna i lettori con la pubblicità”

Secondo l’Advertising Standards Authority la piattaforma mostra inserzioni scambiate per articoli di informazione: nel mirino l’adv “nativo”. Rimossa la pagina incriminata

Pubblicato il 13 Gen 2016

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BuzzFeed inganna i suoi lettori. Secondo l’autorità che regolamentano le pubblicità in Regno Unito – l’Advertising Standards Authority – la piattaforma media ha ingannato i suoi lettori mostrando inserzioni che possono essere scambiati con articoli. La decisione è parte di una attacco nei confronti delle pubblicità native e arriva dopo due settimane dalla decisione delle autorità di fermare gli “advertorials” del Daily Telegraph, una pubblicità travestita da articolo che non è “chiaramente identificabile come marketing”.

BuzzFeed lo scorso anno ha raccolto 1,5 miliardi di dollari e sta aprendo sedi e edizioni in diversi Paesi del mondo. Il sito di notizie è specializzato nel confezionamento di pubblicità native, usate dalle aziende per arrivare ai giovani lettori. In “14 laundry fails we’ve all experienced”, questo il titolo dell’inserzione, non è possibile riuscire a riconoscere che non si tratta di un articolo del giornale, noto per le sue gallerie di immagini.

L’autorità britannica ha chiesto di rimuovere la pagina e in questo momento la pubblicità nativa non è più visibile. Per difendersi BuzzFeed ha detto che il logo del prodotto pubblicizzato era chiaramente visibili in alto alla pagina, cosa che invece non ha convinto i regolatori britannici.

Intanto anche negli Stati Uniti questa forma di pubblicità sta avendo qualche problema: la Federal Trade Commission il mese scorso ha pubblicato nuove linee guida più stringenti. Le pubblicità native sono diventate una delle fonti di denaro in maggior crescita per l’industria dei media. Nonostante questa forma di inserzione esista da decenni, solo negli ultimi anni ha assunto una forma molto simile agli articoli ed è stata pensata per l’era digitale. Il Mail Online, il Guardian e il New York Times sono tra i quotidiani che hanno formato una divisione per creare contenuti a pagamento.

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