Anche quest’anno secondo la società di analisi Gartner è in crescita il fenomeno del Byod, “Bring your own device”, cioè portatevi da casa il vostro apparecchio informatico (pc portatile, smartphone, tablet che sia). L’utilizzo del “mobile” in azienda crescerà di un altro 20% secondo Idc e sempre Gartner stima che il 70% dei professionisti che lavorano in mobilità entro il 2018 utilizzeranno apparecchi elettronici di loro proprietà. La tendenza non è arginabile, anche perché rientra in un più ampio cambiamento della forza lavoro – sempre più mobile e sempre meno stanziale – e della penetrazione estrema delle tecnologie portatili: secondo Forrester Research, infatti, sul nostro pianeta ci sono già più telefonini e tablet che non persone. In futuro, il divario non farà che aumentare.
In questa fase di transizione le aziende stanno rispondendo sostanzialmente in tre modi. Bloccano completamente l’utilizzo dei computer e dei tablet personali per gli usi lavorativi, oppure li permettono senza alcun controllo, o infine cercano di regolare e governare il desiderio di molti dipendenti fornendo assistenza, soluzioni, politiche d’uso. Attenzione, perché non è solo dal basso che viene la richiesta di usare apparecchi “non standard” in azienda. Anzi, sono quasi sempre stati i vertici di molte imprese, a partire dal 2008-2009, a richiedere degli sciccosi iPhone al posto dei tradizionali Blackberry aziendali. A questo punto se lo può fare e lo fa l’amministratore delegato, come impedirlo a tutti gli altri?
“Molti rischi di sicurezza a cui sono esposte le imprese – sottolinea Cesare Garlati, co-chair del Csa Mobile Working Group della Cloud Security Alliance – derivano dalla tecnologia consumer che viene introdotta nella rete aziendale dai dipendenti che la adoperano per usi lavorativi”. La stragrande maggioranza delle imprese nel mondo, spiega Garlati, consente ai propri dipendenti di accedere direttamente o indirettamente alle risorse aziendali utilizzando i propri apparecchi. Il problema non è solo di protezione delle informazioni, ma anche dei costi crescenti dell’assistenza a un parterre eterogeneo di strumenti che utilizzano sistemi operativi diversi, pensati per un mercato consumer e con prestazioni e funzionalità inferiori a quelle dei tradizionali strumenti digitali. “Un tempo – racconta Garlati – i dipendenti chiedevano di avere copertura medica e l’auto aziendale di loro scelta. Adesso è la volta di iPhone e Android, senza i quali non sembra riescano più a vivere”.
Negli Stati Uniti moltissime aziende hanno una politica aziendale di appoggio al Bring your own device perché consente di risparmiare non tanto sui costi dell’apparecchiatura (relativamente bassi) ma su manutenzione e formazione. L’accordo è che chi si porta il computer o il telefonino, dopo l’iniziale configurazione della rete e l’accesso ai dati aziendali compresa la posta elettronica, non abbia più diritto ad assistenza o formazione. Questo è, secondo gli analisti, il magnete che attrae le aziende e le convince a “cedere” al desiderio dei dipendenti di utilizzare tecnologie consumer in ufficio o per lavoro quando sono in mobilità.
Tra i sistemisti “duri e puri” c’è però un modo dire, come spiega Jeetu Patel, fondatore di Syncplicity, una tecnologia statunitense per il file-sharing via cloud: “L’acronimo “Bring your own device” spesso diventa “Bring your own disaster”, perché si confrontano due spinte diverse, quella dei dipendenti che vogliono l’accesso ai dati su qualsiasi apparecchio desideri no per essere più produttivi, e quella del dipartimento IT che tiene conto anche e soprattutto della sicurezza, la protezione dei dati, la gestione dei costi”.
Sono i responsabili aziendali che dovrebbero dunque prendere una decisione in un verso o nell’altro, anziché lasciar fare alle “tendenze dal basso”, cioè alla volontà dei singoli. Comunque, il risultato può essere la tempesta perfetta, alcune volte per motivi insospettabili. Infatti alcune aziende sposano con totale trasporto la filosofia del Byod al punto da causare la protesta degli stessi dipendenti. Gli impiegati di alcune grosse società statunitensi si sono trovati a non avere un modo per rifiutare di comprarsi da soli il pc portatile e il telefonino: l’azienda non li fornisce più come un tempo, dando per scontato che ognuno scelga il proprio sul mercato.
“È l’approccio “All or nothing” – spiega Ken Hess, sistemista statunitense – che rappresenta il nuovo paradosso del mercato. O ti porti il tuo computer, telefonino o tablet oppure non ne hai neanche uno a disposizione in ufficio”. Senza contare il vero “pericolo nascosto” per i dipendenti: in caso di smarrimento dell’apparecchio o di compromissione dei dati per via di un malware, il rischio è che la responsabilità sia a careico dell’impiegato e non più dell’azienda, come invece accadeva quando era l’azienda a fornire i dispositivi e quindi a esserne responsabile.