Lunga vita al rame. Così , in quattro parole, si potrebbe riassumere la strategia di espansione tecnologica e commerciale che Fastweb ha annunciato stamattina a Milano. Il futuro dell’ultrabroadband? Il Fttc (Fiber to the cabinet), ovvero la posa di fibra ottica fino agli armadi, da cui il segnale digitale raggiunge le case passando per l’ultimo miglio (che in Italia, mediamente, misura circa 250 metri) attraverso il classico cavo di rame.
“È l’unico modo per garantire, entro il 2016, una connessione ad almeno 100 Mb, democratica e omogenea, al 30% della popolazione italiana. E il primo passo per raggiungere gli obiettivi europei per il 2020”, ha commentato Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb. “Lo diciamo forti della consapevolezza di essere da sempre ‘la’ broadband company e della realtà dei fatti: è evidente che l’Fttc è la tecnologia scelta dai principali operatori europei, da British Telecom a Swisscom, per piani di sviluppo future-proof. È una decisione giusta, responsabile, che va presa oggi. Anzi, è il punto di partenza per portare la connessione ad alte prestazioni al 75% e oltre degli italiani. Dobbiamo smettere di immaginare un Paese a due velocità e cominciare a favorire un coordinamento anche con i fondi pubblici, per garantire una copertura omogenea a 100 Mb. Siamo così convinti dei risultati che abbiamo ottenuto che invitiamo l’AgCom a controllare, a verificare le prestazioni della nostra tecnologia, e a spingerne l’adozione”.
Calcagno fa riferimento a tre soluzioni fornite da Alcatel-Lucent, tre soluzioni in grado di migliorare sensibilmente le performance del Fttc: il vectoring, il vdsl advanced e il g.fast, che combinate possono spingere la velocità di connessione fino a 500 Mb. “A gennaio abbiamo condotto tre test molto importanti, non in laboratorio, bensì sul campo”, ha spiegato Mario Mella, direttore rete IT di Fastweb. “Rispetto al vectoring, che elimina i disturbi sul segnale generati dalla vicinanza di due linee, consentendo loro di ottenere il massimo delle performance possibili, abbiamo coinvolto 1.100 clienti attivi su una trentina di cabinet in sei città (Monza, Torino, Genova, Livorno, Roma, Bari, ndr), in aree caratterizzate da un’elevata concentrazione di clienti attivi. Il risultato? La velocità di connessione è passata da una media di 75 Mb a una media di 101 Mb. Il g.fast è una tecnologia recentissima, standardizzata a dicembre 2014. Dà il meglio di sé sulle distanze corte e permette al 20% dell’utenza di raggiungere velocità di connessione da 300 a 500 Mb, registrate nel quartiere Rogoredo di Milano. Grazie a vdsl enhanced, sperimentato all’interno del polo fieristico di Rho (MI), possiamo infine offrire velocità più alte a distanze superiori, posizionandosi a livello intermedio tra le due soluzioni: in questo modo l’80% dei clienti viaggia a una velocità fino a 200 Mb, il 20% fino a 500 Mb . Abbiamo quindi a disposizione un mix di tecnologie che ci consente di ottimizzare massimizzare le caratteristiche della rete attuale. In altre parole, senza modificare l’infrastruttura, possiamo integrare il network superando di misure gli obiettivi minimi dell’Agenda digitale europea”.
Non è solo una questione di performance, è innanzitutto una faccenda di costi e di tempi. Sia Calcagno che Mella hanno insistito sul fatto che per cablare l’Italia in chiave Ftth (Fiber to the home) bisognerebbe portare la fibra fino a 28 milioni di punti distinti. Anche solo limitandosi agli edifici e non ai singoli appartamenti, gli allacciamenti dovrebbero essere 15 milioni al netto dei permessi da richiedere agli amministratori e ad altri tipi di ostacoli burocratici. Senza contare che un piano di copertura nazionale in Fttc costerebbe il 70% di un progetto Ftth (Calcagno ha parlato di 11 miliardi di euro contro 3,5 miliardi di euro) e tempi di realizzazione che corrisponderebbero a circa 20 anni per il Ftth contro i cinque del Fttc. “I numeri cambiano ordine di grandezza”, ha ribadito Mella. “Con le nuove tecnologie sarà sufficiente portare la fibra a 150 mila armadi e implementare le schede negli apparati già installati, senza lavori invasivi, senza nuovi scavi”.
Alberto Calcagno ha tenuto a precisare che non si tratta di una scelta ponderata sulla situazione specifica italiana, ma di un trend internazionale secondo il quale il FTttc rappresenta la risposta migliore alle esigenze di connettività dei cittadini europei: “Nell’ottica di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale, si stima una copertura in banda larga composta al 58% da connessioni Fttc al 16% da Ftth e al 45% da cavo. I progetti di copertura in Fiber to the cabinet prevedono un 75% in Uk, un 50% in Germania al 50% e un 70% in Svizzera. I Paesi che puntano sul Fiber to the home sono la Francia e la Spagna, ma per due motivi precisi: In Spagna non ci sono i cabinet,e per questo il Fttc semplicemente non è un’opzione realizzabile. In Francia gli armadi ci sono, ma l’architettura di rete prevede distanze dall’utente elevate, con una media di 750 metri”.
Alla conferenza stampa di stamani era presente anche Roberto Loiola, amministratore delegato di Alcatel-Lucent Italia, che ha confermato la portata di “un fenomeno che ha rilevanza globale: la tecnologia vdsl advanced è già stata adottata da 27 telco in tutto il mondo, mentre sono 65 i clienti che l’hanno in prova. Esistono più di 10 milioni di linee di vectoring distribuite a livello internazionale, e parliamo di una soluzione che ha debuttato a 2012 con Telekom Austria”. Secondo Loiola, le vere potenzialità del rame devono ancora essere svelate: “in laboratorio siamo riusciti a portare la velocità di connessione in Fttc a 1 Gb, e con una nuova tecnologia ancora da standardizzare, la x g.fast, siamo addirittura riusciti a raggiungere i 10 Gb su una distanza dall’armadio di 30 metri. Sul rame il trend non si ferma, ne sentiremo parlare ancora”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Calcagno ha affrontato tra gli altri anche il tema Metroweb: “Se Telecom Italia vorrà entrare nel piano di Metroweb (Fastweb detiene il 10,6% di Metroweb Milano, la controllata di Metroweb Italia, ndr), siamo prima di tutto interessati a capire qual è il piano industriale. Sento parlare molto di finanza, prima condividiamo il piano industriale e poi decideremo cosa fare”.
“Quelli di Metroweb sono piani locali, è un operatore locale – ha detto il manager – Noi puntiamo al nazionale. Metroweb può fare ciò che vuole con i suoi soldi. È una piccolissima parte del piano ultrabroadband. Telecom può entrare o meno ma a me interessa l’intero territorio”.
“Indipendentemente dall’azionariato – ha aggiunto – Metroweb resta un operatore locale che usa l’Ftth (Fiber to The Home) e noi conosciamo bene questa tecnologia che però può essere realizzata solo con caratteristiche particolari come per esempio l’alta densità di popolazione” e quindi può essere solo usata nelle grandi città dove fastweb è già presente. “Se Telecom vuole entrare in Metroweb non c’è alcun problema ma resta comunque un’esperienza locale. Noi non puntiamo alle grandi città ma ad un’Italia che viaggia ad un’unica velocità”.
“Siamo felici di essere azionisti di Metroweb. Se ci saranno dei piani saremo felici di sederci al tavolo e verificarli”, ha concluso Calcagno.
Sulla possibilità di integrare la connettività Fttc con un’infrastruttura mobile, l’Ad di Fastweb ha detto che “si tratta di una soluzione complementare alla tecnologia fissa, che resterà dominante. Parliamo piuttosto di wireless, in senso lato: penso che il wi fi sarà fondamentale nel garantire l’usabilità della Rete all’interno delle città. Su questo aspetto siamo più che pronti, ed è un’opportunità per integrare la capacità della fibra”. Calcagno si è poi soffermato sulle tariffe dei servizi ultrabroadband prossimi al lancio. “In Fastweb le performance sono sempre state proposta in chiave premium. Non abbiamo mai adottato una strategia di prezzo, è la qualità l’elemento differenziante rispetto ai competitor. Anche in futuro utilizzeremo questo vantaggio competitivo”.