Cambium Networks, Murroni: “Il 2017 anno della svolta”

Il western Europe sales director: “Con cnMedusa, cui preordini sono già alti, strapperemo molti clienti alla concorrenza nel fixed wireless access. siamo in trattative con nuovi clienti per espandere la nostra quota di mercato”

Pubblicato il 23 Dic 2016

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«Il 2016 è stato per noi un anno importante, perché prima di rilasciare la nostra soluzione di punta, il PMP450m, che introduce la tecnologia “cnMedusa”, avevamo rilasciato un prodotto intermedio, il Pmp 450i, che aveva già contribuito a migliorare le performance dei nostri apparati e ha consentito ai nostri operatori di tenere il passo con le esigenze del mercato. Grazie anche a questo molti Internet service provider hanno abbandonato la concorrenza per passare con Cambium Networks. E per il 2017 abbiamo grandi aspettative: confidiamo nel successo di cnMedusa, per cui i preordini sono già alti, e siamo in trattative con nuovi clienti, per espandere la nostra quota di mercato”.

Così Alessio Murroni, Western Europe sales director di Cambium Networks, tira le somme del 2016 dell’azienda, nata da uno spin-off di Motorola solutions nel 2011, che oggi conta su più di 4 milioni di moduli radio installati in 150 nazioni e più di 350 dipendenti. Cambium è tra i principali protagonisti in Italia del mercato del fixed wireless access, quello cioè dei sistemi di trasmissione che forniscono connettività Internet utilizzando radiofrequenze grazie a soluzioni punto-punto e punto-multipunto

Murroni, quali sono le basi più importanti per la vostra crescita?

Abbiamo chiuso importanti accordi strategici con Service Provider e Wisp che operano su base nazionale o regionale in aree in digital divide o servite dall’Adsl, per l’upgrade e lo sviluppo della loro rete. Per raggiungere questo risultato utilizzeranno cnMedusa, che introduce la tecnologia “massive multi user” Mimo 14×14 (multiple input multiple output), migliorando fino a quadruplicarla l’efficienza spettrale del prodotto. Questo consentirà di fornire non solo i 30 megabit, ma anche profili di servizio più elevati, a banda ultralarga. Medusa è tra l’altro retro compatibile con i vecchi prodotti: quindi i service provider che già usano le nostre tecnologie potranno cambiare la base station e aver così fatto l’upgrade della rete senza dover disinstallare la Cpe, cioè l’hardware presso i clienti.

C’è spazio nel futuro per soluzioni ancora più performanti?

Oggi parliamo di multi-user Mimo 14×14, ma si potrà arrivare a un 28×28. Ma al di là della capacità si potrà aumentare con implementazioni del software il numero degli utenti che si collegano all’access point, la raffinatezza della quality of service, il supporto per il videostreaming, la tipologia di sincronismo e in ultimo ma non per importanza stiamo valutando l’introduzione della tecnologia cnMedusa non solo nelle soluzioni a 5 GHz e 3 GHz già in roadmap ma in altre frequenze che riteniamo strategiche per il fixed wireless access (Fwa).

A che punto è l’assegnazione dello spettro a 3,6 – 3,8 Ghz?

Da tempo si parla di un gara in uscita per l’assegnazione di questa banda, ma siamo in ritardo. Sono passati oltre 12 mesi da quando Agcom ha pubblicato la sua Delibera, ma il Mise non ha ancora avviato le procedure. Nelle scorse settimane si è letto di una consultazione pubblica che il Mise avrebbe dovuto avviare a novembre, con risultati presentati ad inizio 2017 e pubblicazione della gara entro il primo trimestre 2017. L’impressione è che finché gli operatori mobili non saranno pronti e non avranno deciso cosa fare con questa porzione di spettro la gara non verrà rilasciata. Con danno evidente per gli operatori che da anni sono pronti, e per i cittadini e le imprese che attendono il servizio.

Ma a chi interessa lo spettro 3,6-3,8 Ghz?

Noi, insieme ad altri membri della Coalizione del Fixed wireless access (Cfwa), siamo interessati per portare la nostra tecnologia nei territori più difficilmente serviti dalla banda ultralarga, i “cluster C e D”, anche in chiave 5G. Gli operatori mobili lo utilizzerebbero probabilmente per le small cell, quindi per migliorare le prestazioni della rete mobile dove c’è più densità di utenti, anche se si tratta di un mercato che in Europa non ha per ora preso particolarmente piede.

Come cambia per voi lo scenario con il piano sulla banda ultralarga?

Il Governo ha stanziato risorse importanti, ma non ha fatto abbastanza per far sì che le reti in fibra dovessero essere utilizzate per collegare i siti degli operatori wireless già presenti sul territorio. Questo non ha aiutato gli operatori fixed wireless access, che hanno investito soldi propri per lo sviluppo della rete, e ora si troveranno in concorrenza con operatori che hanno utilizzato fondi pubblici per coprire le stesse aree. I nuovi interventi avrebbero dovuto essere meglio armonizzati con l’esistente.

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