“Un’assurdità assoluta. Siamo ormai a metà novembre e la Rai non ha alcuna certezza delle risorse a disposizione per l’anno che si sta per concludere“. A lanciare l’allarme è l’esecutivo Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Tv di Stato. “Ormai ogni giorno escono indiscrezioni, dati parziali, studi su quanto sarà l’incasso da canone con il metodo della bolletta – si legge in una nota di Usigrai – Ma resta un fatto: nessuna certezza. Intanto si annuncia un ulteriore taglio del 10%. Come si può governare un’azienda senza sapere quanti soldi si hanno? Come si può fare un bilancio? Un budget di previsione? E, soprattutto, come si può siglare un contratto – la Convenzione, come il quinquennale Contratto di Servizio – senza la certezza di risorse adeguate per rispettare i patti per tutta la durata dell’accordo?”. “Altro che liberare pubblicità – conclude il sindacato – Questo costringerà la Rai a cercare sempre di più risorse sul mercato degli spot, con tanti saluti alla discussione su servizio pubblico e tv commerciale”.
Ma le critiche non si fermano all’Usigrai. Nel dibattito interviene anche la Slc Cgil, che ribadisce come “Al momento non c’è nessun dato ufficiale sul numero di utenti del canone, secondo la nuova formula di prelievo, nè tanto meno il dato dell’evasione. A questo punto – prosegue la nota – allo stravolgimento della natura del canone, in quanto inserito nelle diverse leggi di stabilità (2014/2015/2016) che ne hanno determinato impegni diversi dal solo finanziamento del servizio pubblico radio televisivo, si aggiunge il dato quantitativo. Il risultato economico rischia di azzerare quanto previsto in ordine al finanziamento delle radio e Tv locali, oltre a mettere in discussione la capacità produttiva della Rai e la sua autonomia economica dal Governo – sottolinea il comunicato di Slc Cgil – Non ci è chiaro se l’idea del Governo sia quella di ridurre il carico fiscale dei cittadini oppure ridurre il servizio pubblico radio televisivo“.