Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.
Risponde Maria Chiara Carrozza, classe 1965, ex ministro dell’Istruzione nel Governo Letta, è stata eletta alla Camera a marzo 2013 nella lista del Partito Democratico, ed è iscritta al gruppo Pd. Fa parte della commissione Attività produttive, Commercio e Turismo.
Onorevole Carrozza, perché ha aderito a questo intergruppo?
Me lo ha proposto l’onorevole Quintarelli, con cui condivido molte visioni sul futuro della politica, sulla necessità di innovare a tutti i livelli, sulla necessità anche di provare a cambiare la cultura della pubblica amministrazione e la cultura politica. E’ necessario provare a utilizzare nuovi strumenti, nuovi metodi, senza arroccarsi nel conservatorismo che spesso fa rifiutare l’innovazione. Spesso mancano conoscenze e competenze, ma per essere innovatori bisogna essere disposti ad andare in altri campi e uscire dal proprio. In questo senso un intergruppo è lo strumento migliore per promuovere la cultura dell’innovazione.
Lei è tra i firmatari di una lettera al ministro Giannini che è l’ultima iniziativa promossa dall’intergruppo. Quali sono ora le priorità su cui lavorare?
Essendo stata ministro dell’Istruzione mi astengo dall’entrare nelle scelte politiche del mio successore, perché mi sembra più corretto mantenere un certo distacco e lasciare che il mio successore vada avanti. Però nel caso specifico ho firmato la lettera perché questa è una battaglia culturale, quella degli open data, che mi auguro possa essere vinta e sono sicura che anche il ministro Giannini concorderà. Il problema è poi metterne in pratica i principi, cambiare la mentalità della pubblica amministrazione per arrivare davvero a formati di dati che siano aperti e consentano l’elaborazione in tutti i sensi.
E in questo caso si apre anche la prospettiva di fornire informazioni puntuali ai giovani che si affacciano sul mondo dell’università…
Dal mio punto di vista ci sono due obiettivi: uno è iniziare a pensare che i dati debbano essere aperti, condivisi e in formati interoperabili, quindi utilizzabili con più strumenti e più software, e questo dovrebbe essere secondo me imposto a tutta la pubblica amministrazione. Il secondo è far sì che i dati sugli esiti occupazionali e sugli esiti dei corsi di laurea siano veramente un patrimonio trasparente, fonte di informazione per gli studenti che si devono iscrivere, oltre che per le imprese. Perché se noi paghiamo le università con finanziamenti pubblici, è giusto che le loro prestazioni e tutti i dati siano restituiti al pubblico.
L’intergruppo riunisce ormai più di 50 deputati e senatori da diversi schieramenti politici. Qual è il valore aggiunto che viene da questa caratteristica?
E’ molto importante che ci siano molte adesioni e da gruppi diversi, perché questo permette di fare battaglie comuni, e soprattutto di diffondere l’innovazione, che non deve avere una matrice politica ma rappresentare davvero un’istanza di cambiamento.
Che sensibilità ha riscontrato su questi temi tra i suoi colleghi?
Io credo che l’intergruppo debba essere aperto, e che debba servire per gettare un seme che poi deve arrivare a tutti. L’obiettivo è di coinvolgere tutti. L’educazione digitale e all’innovazione deve essere trasversale, non è una materia in sé, non è una competenza di uno o di un altro. Tutti nella propria attività devono avere propensione all’innovazione, devono essere capaci di utilizzare strumenti diversi e devono essere aperti al cambiamento.
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