Serve una “digital tax” per far pagare le tasse ai giganti internazionali del web. Lo ha detto il viceministro all’Economia, Luigi Casero, intervenendo all’assemblea di Confindustria Alto Milanese, ricordando che è “un tema che abbiamo affrontato e posto in sede di G7” perché “è una anomalia che ci siano aziende tradizionali che pagano dal 24% dell’Ires in su (di tasse) e poi grandi corporation internazionali che le tasse non le pagano, non solo in Italia, ma in nessun Paese del mondo”, ha sottolineato Casero, facendo riferimento al pagamento di solo l’1% di tasse da parte di queste aziende. “Serve una azione condivisa”, ha continuato Casero, ammettendo che “le tasse sono troppo alte in questo Paese e vanno abbassate” ma, ha concluso, “le devono pagare tutti, anche queste corporation”.
Restando in tema fiscale, Casero ha aggiunto che gli altri interventi da fare sono soprattutto tre. Il primo è che “le imposte devono essere detraibili”. Come secondo punto ha indicato l’abolizione dell’Irap: “E’ una tassa che va eliminata. Deve esistere una tassa sul reddito di impresa, una sola, e su quella fare i conti”. Infine, ha concluso dicendo che bisogna intervenire sul fronte dei “rimborsi”. Casero ha spiegato che “dal momento che vogliamo confrontarci con altri Paesi europei, anche i rimborsi devono essere come negli altri Paesi europei”, rintracciando la soluzione nel “digitale” e indicando che “non si può tenere il digitale fuori dal sistema fiscale”.
Lo scorso 8 giugno è stato firmato l’accordo multilaterale tra più di 60 Paesi contro l’elusione fiscale delle imprese multinazionali a livello Ocse. Da contrasto a elusione ed evasione fiscale più risorse per finanziare i beni pubblici e la riduzione delle disuguaglianze”. La convenzione che obbligherà le multinazionali e i colossi dell’online a pagare le tasse nei paesi in cui avvengono le transazioni. La firma, che ho coinvolto in tutto 68 Paesi, è arrivata al termine della prima giornata della riunione ministeriale dell’Organizzazione a Parigi.
La convenzione trasferisce a livello multilaterale tra i paesi firmatari una serie di accordi bilaterali che mirano a contrastare il cosiddetto ‘shopping’ fiscale dei gruppi multinazionali, cioè la pratica di portare la base imponibile, quindi gli utili societari, dai Paesi ad alta fiscalità in cui vengono originati a Paesi con una fiscalità bassa o nulla. Stando alle stime dell’Ocse, questa pratica sottrae alle finanze pubbliche globali da 100 a 240 miliardi di dollari di introiti ogni anno, pari a una cifra che va dal 4% al 10% delle tasse pagate dalle società ogni anno.
In totale, precisa l’Ocse, sono 76 i Paesi coinvolti, tra quelli che hanno firmato e quelli che hanno espresso l’intenzione di firmarlo, e tra questi non ci sono gli Usa, che hanno annunciato la decisione prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. La nuova convenzione, che è il primo trattato multilaterale di questo tipo, permetterà di introdurre in tempi brevi una serie di misure previste da trattati fiscali finora bilaterali, e ridurrà quindi lo spazio per l’elusione fiscale da parte delle multinazionali che ricorrono alla cosiddetta Beps (Base erosion and profit shifting).
Intanto in Italia la manovrina” (Dl 50/2017) convertita in legge con il voto di fiducia della Camera apre la strada verso la web tax: si introducono che norme che si rivolgono alle imprese che appartengono a multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro e vendono beni e servizi in Italia per oltre 50 milioni. Secondo Francesco Boccia, deputato del Pd e presidente della commissione Bilancio, la web tax “light” potrebbe garantire allo Stato un miliardo di euro nel 2017.
La web tax è una procedura di cooperazione rafforzata attraverso lo strumento dell’adempimento collaborativo già previsto nel nostro sistema.
L’articolo 1 bis introdotto in sede di conversione del Dl 50/2017 approvato ieri dalla Camera – manca ancora il vaglio del Senato – prevede che le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro annui, possono avvalersi della procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dell’eventuale stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato.
Le aziende hanno facoltà di richiedere all’Agenzia delle Entrate una valutazione della sussistenza dei requisiti che configurano la stabile organizzazione mediante presentazione di apposita istanza finalizzata all’accesso al regime dell’adempimento collaborativo.