Catania: “Alla guida di Agid non basta un manager con le spalle larghe”

Il presidente di Confindustria Digitale all’indomani delle dimissioni di Alessandra Poggiani: “Bisogna centralizzare la governance”

Pubblicato il 30 Mar 2015

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“Siamo preoccupati che l’Agenda digitale possa subire l’ennesimo stop che il Paese non può permettersi”. Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, non nasconde la sua preoccupazione all’indomani delle dimissioni di Alessandra Poggiani da direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale.

Perché l’attuazione dell’Agenda dovrebbe subire rallentamenti?

Perché questa discontinuità in seno all’Agid andrà ad alimentare ulteriormente una carenza strutturale interna alla governance dell’Agenda digitale, i cui effetti si sono dispiegati in questi ultimi mesi.

Ci spieghi meglio.

In quest’ultimo anno c’è stata, innegabilmente, una forte accelerazione sulle politiche del digitale e in questo quadro vanno inseriti i tavoli di lavoro tra l’Agenzia stessa e Confindustria Digitale, che hanno contribuito a dare un’impostazione anche ai piani di più recente varo come il Banda ultralarga e il Crescita digitale. Ma negli ultimi due-tre mesi abbiamo notato una difficoltà a “stringere”, a far marciare i progetti insomma.

A cosa imputa questa difficoltà?

A più elementi. Innanzitutto c’è un problema generale di governance chiara, forte e diretta, come è necessario nei processi di trasformazione digitale. All’Agid, inoltre, non è stata data la capacità di rafforzare le sue competenze tecniche e di project management necessarie a far funzionare progetti complessi come l’anagrafe nazionale o il fascicolo sanitario elettronico, ad esempio. Si è poi evidenziato un problema nella catena di comando che ha impedito un coordinamento efficace tra le PA centrale e le Regioni. Tali condizioni hanno frenato un salto attuativo non più rinviabile: il 2015 deve essere l’anno della svolta digitale.

Che fare, dunque?

Bisogna rafforzare e rendere inequivocabile la leadership politica dell’Agenda digitale ovvero identificare un luogo dove tutte le discussioni vengono “tagliate” e vengono prese le decisioni.

Sta dicendo che la governance deve passare a Palazzo Chigi?

Guardi, che sia a Palazzo Chigi o in un ministero delegato non sta a me dirlo. A me interessa che ci sia una chiara responsabilità politica e che sia avviato un processo di semplificazione: il lavoro dei comitati è importante, ma deve trovare una sintesi. Perché va bene discutere, ma poi la decisione deve essere presa velocemente. Il digitale non aspetta.

In questo quadro ha ancora senso tenere in piedi l’Agenzia per l’Italia digitale?

È importante il ruolo di un organo tecnico a patto che questo sia in grado di esprimere competenze di project management e in grado di raccordare PA centrali e locali. Dico di più: tali competenze andrebbero inquadrate anche nei singoli ministeri, motivo per cui guardiamo con favore all’emendamento Lanzillotta che istituisce un Chief digital officer in ogni ente centrale.

Intanto è iniziato il conto alla rovescia per la nomina del successore della Poggiani. Che caratteristiche dovrebbe avere il nuovo dg?

Serve una figura con visione e spiccate capacità manageriali che sappia smuovere la complessità dell’organizzazione pubblica e abbattere gli steccati. Un manager dalle spalle larghe insomma.

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