Da qualche tempo si parla di un’imminente ripresa. In questa direzione vanno le dichiarazioni del Governo e dei più autorevoli osservatori internazionali. Le stime però, almeno per il prossimo biennio, sono tutt’ora incerte e rimangono al di sotto di quelle degli altri maggiori paesi europei. Le cause sono tante. Ma se andiamo al cuore, il nostro Paese ha un problema strutturale di competitività, divenuto vistoso non appena è mancata la leva valutaria e riconducibile alla scarsa efficienza di sistema, cioè alla capacità di innovazione e trasformazione di gran parte delle nostre imprese e della PA. Le eccezioni ci sono. Il punto però è questo.
Abbiamo un problema di competitività a livello di sistema. È questo il problema da risolvere. Tutto il resto – formazione, lavoro, giustizia per citare alcuni temi – è importante, ma bisogna intervenire prima sulle condizioni ambientali in cui opera l’impresa. Il valore sta oggi nell’integrazione, nei contenuti, nei servizi nei prodotti innovativi, nell’“Intelligent manufacturing”. Nella rete quindi tra imprese, filiere. Il valore, l’innovazione, si annidano sempre più nelle intersezioni tra segmenti e settori di industrie anche diversi. La competitività si gioca quindi sulla visione di insieme, sulle infrastrutture, sulle grandi reti logistiche e di know how.
L’apporto della PA è fondamentale. Nella ricerca di un maggior livello di competitività, il ruolo di una PA esempio di innovazione è fondamentale. Innanzitutto, per garantire attraverso le grandi potenzialità dell’Ict l’ammodernamento e la trasformazione dei processi propri e dei servizi al cittadino e alle imprese, incidendo sui veri costi dell’inefficienza pubblica. In secondo luogo, una PA digitale impone di fatto all’intero sistema un salto di qualità. E infine, in fase di economia debole, la domanda pubblica è volano di sviluppo e sostenibilità per un settore strategico, quale è quello dell’Ict.
Ma l’innovazione nella PA procede a passo troppo lento. Il problema è che la PA permane in forte ritardo sul fronte della digitalizzazione. Lo ha confermato il 2° Osservatorio Assinform sull’Ict nella PA.
La spesa continua a calare (in media del 3% l’anno fra il 2007 e il 2013). La quota per investimenti sulla spesa complessiva scende ovunque tranne che nella Sanità (nella PA centrale è scesa di circa due punti al 40,5% per l’IT e al 14,3% per le Tlc; nelle Regioni rispettivamente al 26% e al 18,1%, nei Comuni e nelle Province a quote ancora inferiori, tra i 12,5% e il 14% per l’IT e tra il 9% e il 7% per le Tlc). Il problema ha due facce: quanto e come si spende. Basta ricordare che il livello di interoperabilità fra sistemi informativi risulta ancora modesto, con gli Enti della PA Centrale (Pac) che nel 58% dei casi non hanno basi dati integrate con gli altri Enti della Pac e nel 90% con la PA Locale. Certo, poi ci sono anche 4.000 data center su tutto il territorio italiano, con duplicazioni di basi informative e spreco di tecnologie. Ma questo sembra indicare non solo che bisogna spendere meglio, ma anche non tagliare le risorse, perché c’è bisogno di investire su nuovi fronti per recuperare il ritardo: nuove applicazioni, interventi di razionalizzazione del patrimonio infrastrutturale e applicativo, piattaforme e reti.
Serve un’accelerazione. La priorità che il Governo sta dando all’Agenda Digitale è un fatto assolutamente positivo. Auspichiamo, come tanti, un più netto passaggio alla fase realizzativa. Poche cose, ma presto. Per dare il segnale. Le tre priorità dette da Caio, l’identità digitale, l’anagrafe unica e la fatturazione elettronica si muovono in questa direzione. L’identificazione di architetture e standard di interoperabilità è ugualmente importante, per consentire il giusto bilanciamento tra accentramento e sistemi locali. La focalizzazione progettuale negli acquisti e nelle gare pubbliche può favorire da subito l’ulteriore qualificazione dell’offerta e delle realizzazioni. Ma per passare dall’Agenda ai progetti esecutivi c’è bisogno anche d’altro: assicurare responsabilità trasversali alle varie amministrazioni, perché trasversali sono i grandi progetti; evitare che l’Ict cada sotto la scure dei tagli lineari, pur facendo attenzione alla qualità della spesa; e infine, far sì che d’ora in poi tutti i provvedimenti legislativi si muovano in sintonia con la digitalizzazione della PA e contengano disposizioni utili ad accelerarla.