Anche James Murdoch, presidente della 21st Century Fox e figlio del tycoon Rupert Murdoch si unisce al coro di critiche nei confronti del presidente Ua Donald Trump sulla tragedia di Charlottesville in Virginia. Murdoch jr. non fa parte dei consigli consultivi della Casa Bianca e come Tim Cook, il numero uno di Apple, non si è limitato a criticare le reticenze di Trump sui suprematisti bianchi, ma ha donato, proprio come ha fatto Cook, un milione di dollari all’Anti-Defamation Legue.
“Quello a cui abbiamo assistito la settimana scorsa a Charlottesville e la reazione del presidente degli Stati Uniti – ha scritto Murdoch jr. – ci preoccupa in quanto americani e come popolo libero… Non posso credere che avrei dovuto scrivere questo: alzare la voce contro i nazisti e’ essenziale, non esistono nazisti buoni. E questo vale anche per gli uomini del Klan o per i terroristi”.
Rupert Murdoch e’ sempre stato un grande sostenitore di Trump, ma i suoi giornali, a partire dal Wall STreet Journal, hanno pesantemente attaccato il presidente Usa.
Anche le piattaforme social continuano ad aderire all’ondata anti-Trump. Dopo Facebook e Twitter, è la volta di Spotify a eliminare dalla sua piattaforma ogni contenuto legato al mondo del suprematismo bianco. Il servizio musicale digitale ha annunciato di aver rimosso le musiche di gruppi nazionalisti dai proprio cataloghi.
Anche altri giganti del web nei giorni scorsi, dopo le manifestazioni violente della Virginia, hanno deciso di chiudere gli account di persone e gruppi d’ispirazione razzista. Paul Resnikoff della Digital Music News facendo una ricerca, utilizzando le liste stilate dal Southern Poverty Law Center nel 2014, ha ritrovato almeno 37 gruppi su Spotify legati al movimento neo nazista. Spotify dopo le ricerche di Resnikoff ha assicurato di fare lo stesso e attraverso un comunicato, ripreso da Vox News, ha fatto sapere di voler prendere “misure immediate. Siamo contenti di esser stati avvisati della presenza di questi contenuti. Abbiamo gia’ rimosso molti dei gruppi identificati”. Quello di bloccare la musica che promuove l’odio non e’ un processo facile, come nota Vox News. Le compagnie infatti devono affrontare il problema della linea sottile che intercorre tra il diritto della liberta’ di parola e la censura di testi che promuovono la violenza. Devono prima di tutto analizzare le leggi diverse a seconda dei mercati e saper inoltre decodificare i messaggi criptati. Spesso infatti i versi che incitano all’odio sono mascherati e fatti passare utilizzando parole ambigue, intorno alle quali si è però identificato un movimento che è cresciuto anche grazie a questi artisti.