INTELLIGENZA ARTIFICIALE

ChatGpt, Vint Cerf invita alla cautela: “Non affrettarsi su accordi commerciali”

Secondo il “padre” di Internet non bisogna agire sull’onda del fenomeno mediatico. “Ancora errori e questioni etiche da risolvere”. L’AI di Microsoft, testata in un demo day, mostra falle importanti. Ma l’azienda ci crede e va avanti. E intanto spegne ufficialmente Internet Explorer

Pubblicato il 15 Feb 2023

vint cerf

Il “padre” di Internet Vint Cerf ha un messaggio per le imprese che cercano di affrettare gli accordi commerciali per accaparrarsi soluzioni chatbot basate sulle nuove piattaforme di intelligenza artificiale: “Non fatelo”. Cerf, che ricopre il ruolo di Chief Evangelist in Google, ha esortato i partecipanti a una conferenza che si è tenuta lunedì a Mountain View a non precipitarsi a investire nell’intelligenza artificiale conversazionale solo perché “è un argomento caldo”.

Le questioni da prendere in considerazione

“C’è una questione etica che spero alcuni di voi prenderanno in considerazione”, ha detto Cerf alla platea. “Tutti parlano di ChatGpt o della versione di Google e sappiamo che non sempre funziona come vorremmo”, ha esordito, riferendosi al prodotto di OpenAi e a Bard, annunciata da Alphabet la scorsa settimana.

Il guru ha messo in guardia dalla tentazione di investire solo perché la tecnologia è “molto bella, anche se non funziona sempre bene”, e allo stesso tempo ha suggerito di non proporlo agli investitori. “Siate riflessivi”, anche perché esiste ancora un divario netto tra ciò che la tecnologia dice di fare e ciò che fa. “Questo è il problema. Non si riesce a capire la differenza tra una risposta “eloquentemente espressa” e una risposta “accurata“.

Cerf ha detto di aver provato a chiedere a uno dei sistemi di allegare un emoji alla fine di ogni frase. La soluzione non l’ha fatto e quando Cerf ha comunicato al sistema di aver notato la mancanza, la piattaforma si è scusata ma non ha cambiato il suo comportamento. “Siamo ancora molto lontani dalla consapevolezza o dall’autoconsapevolezza“, ha sentenziato il ricercatore, esprimendo un’opinione in linea con quanto dichiarato dallo stesso presidente di Alphabet, John Hennessy, che all’inizio della giornata aveva dichiarato che i sistemi sono ancora lontani dall’essere ampiamente utili e che hanno molti problemi di imprecisione e “tossicità” che devono ancora essere risolti prima di testare il prodotto sul pubblico.

Gli errori commessi dall’Ai di Microsoft

A proposito di test e demo, nella dimostrazione che Microsoft ha tenuto la scorsa settimana di fronte alla stampa specializzata, la tecnologia simile a ChatGpt incorporata nel motore di ricerca Bing ha compiuto diversi errori, confermando le perplessità di Cerf. Al sistema, nello specifico, era stato chiesto di analizzare i rapporti sugli utili di Gap e Lululemon. Confrontando le sue risposte con i docimenti reali, il chatbot ha tralasciato alcuni numeri, mentre altri sembrano essere stati inventati.
“Bing Ai ha sbagliato completamente alcune risposte durante la demo. Ma nessuno se n’è accorto”, ha scritto il ricercatore indipendente Dmitri Brereton in un post pubblicato su Substack. “Nonostante questo, tutti sono saliti sul treno dell’hype”.
Brereton ha individuato possibili problemi nelle risposte sulle specifiche di alcuni modelli di aspirapolvere e su una richiesta per un piano di viaggio in Messico, oltre agli errori finanziari già citati, precisando che inizialmente non era alla ricerca di falle e le ha scoperte solo quando ha esaminato più approfonditamente i risultati per scrivere un confronto tra le presentazioni delle Ia di Microsoft e Google.
Gli esperti di intelligenza artificiale chiamano questo fenomeno “allucinazione“, ovvero la propensione degli strumenti basati su modelli linguistici di grandi dimensioni a inventare alcuni elementi.

Anche Bard ha fatto una gaffe qualche giorno fa (costata carissima a Google), ma mentre Mountain View si è dimostrata riluttante ad aggiungere funzionalità di risposte generate dall’intelligenza artificiale nei motori di ricerca, citando per l’appunto possibili rischi per la reputazione e preoccupazioni per la sicurezza, Microsoft continua a sottolineare il potenziale a breve termine del rilascio della tecnologia a una parte del pubblico, pur ammettendo gli errori e aspettandosi che la piattaforma possa commetterne altri.
“Siamo consapevoli di questo rapporto e abbiamo analizzato le sue conclusioni nel nostro sforzo di migliorare questa esperienza”, ha dichiarato un portavoce di Microsoft alla Cnbc. “Riconosciamo che c’è ancora del lavoro da fare e ci aspettiamo che il sistema possa commettere degli errori durante questo periodo di anteprima, per questo il feedback è fondamentale per poter imparare e aiutare i modelli a migliorare”.

E Redmond spegne definitivamente Explorer

Nel frattempo, in concomitanza con il lancio dei nuovi strumenti di navigazione e ricerca basati sull’Ai, Microsoft disabilita definitivamente Internet Explorer, lo storico browser lanciato nel 1995.

La fine del programma, fuori uso da ieri, era stata già annunciata da Redmond lo scorso giugno, quando l’azienda aveva dichiarato che il software sarebbe stato ritirato e non più supportato nei mesi successivi.

Attivo per quasi tre decenni, Internet Explorer ha raggiunto l’apice della popolarità nel 2004, quando ha conquistato una quota di mercato del 94%, in una fase pionieristica in cui stavano prendendo vita soluzioni alternative come Firefox di Mozilla o Safari di Apple. Su Microsoft, prima negli Usa e poi in Europa, si accesero i riflettori per abuso di posizione dominante proprio a causa di Explorer, installato su tutti i computer dotati del sistema operativo Windows, e al gruppo fu imposto di separare il sistema operativo dagli altri software.

Secondo gli ultimi dati di Statcounter, Edge, il successore di Explore pesa per poco più del 4% di utilizzo globale su computer, dominato da Chrome, di Google, che supera il 65%.

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