Nuovo capitolo della trade war Usa-Cina – che di fatto è una battaglia a colpi di divieti sull’export di tecnologie chiave per i chip. Il Dipartimento americano del Commercio ha ampliato la lista di aziende tecnologiche cinesi soggette ai controlli sull’export includendo molte imprese che producono attrezzature necessarie per fabbricare i chip per computer. Si tratta di ulteriori 140 aziende che fanno il loro ingresso nella cosiddetta “entity list” del Commerce Department: quasi tutte hanno sede in Cina e le rimanenti sono di proprietà cinese con sedi in Giappone, Corea del Sud e Singapore.
Il provvedimento (il terzo del genere dopo quelli di ottobre 2022 e ottobre 2023), impedisce alle aziende Usa di esportare in Cina tecnologie verso le aziende presenti nella lista, a meno di ricevere apposite esenzioni.
Le nuove regole entreranno in vigore a partire dal 31 dicembre. Pechino ha immediatamente replicato annunciando che agirà per proteggere i propri “diritti e interessi”.
Gli Usa bloccano l’export verso 140 produttori cinesi di chip
Le restrizioni commerciali decise da Washington mirano a ostacolare i progressi della potenza asiatica nell’alta tecnologia per proteggere la “sicurezza nazionale”. I destinatari dei nuovi provvedimenti includono Semiconductor manufacturing international corp. e le aziende legate a Huawei. Anche le principali aziende cinesi di attrezzature per la produzione di chip, tra cui Beijing Naura, Acm Research e Piotech, sono state aggiunte alla lista.
L’amministrazione Biden ha inoltre imposto restrizioni alle esportazioni di chip di memoria a larghezza di banda elevata (Hbm) di origine statunitense: si tratta di un componente cruciale per facilitare rapidi trasferimenti di dati tra i processori, abilitando così potenti calcoli di intelligenza artificiale. Sk Hynix, Samsung Electronics e Micron sono i principali fornitori globali di Hbm. I nuovi controlli includono inoltre una ventina di tipi di attrezzature per la produzione di semiconduttori e tre tipi di strumenti software utilizzati per sviluppare e produrre semiconduttori.
“Questa azione è il culmine dell’approccio mirato dell’amministrazione Biden-Harris, in collaborazione con i nostri alleati e partner, per ridurre la capacità della Repubblica Popolare Cinese di rendersi autosufficiente nella produzione di tecnologie avanzate che rappresentano un rischio per la nostra sicurezza nazionale”, ha dichiarato la segretaria al Commercio Gina Raimondo in un comunicato.
“Lo scopo di queste azioni della entity list è impedire alle aziende della Repubblica Popolare Cinese di sfruttare la tecnologia statunitense per produrre internamente semiconduttori avanzati”, ha ribadito Matthew S. Axelrod, assistente segretario per l’applicazione delle esportazioni. “Aggiungendo alla lista delle importanti fabbriche di semiconduttori, produttori di apparecchiature e società di investimento, stiamo direttamente impedendo la modernizzazione militare della RPC, i programmi sulle armi di distruzione di massa e la capacità di reprimere i diritti umani”.
La replica della Cina: blocchi alle vendite di materie prime agli Usa
Gli ultimi controlli annunciati dagli Stati Uniti all’industria cinese dei microchip sono un esempio di “coercizione economica” e una pratica non conforme alle leggi di mercato, è la replica della Cina, affidata ad una nota del ministero del Commercio cinese. “Gli Stati Uniti dicono una cosa e fanno il contrario, ingigantiscono costantemente il concetto di ‘sicurezza nazionale’, abusano delle misure di controllo delle esportazioni e adottano comportamenti unilaterali di bullismo“, recita il comunicato.
La Cina ha accusato già in passato gli Stati Uniti di perseguire “l’egemonia tecnologica”, vista la pressione sul gigante tecnologico cinese Huawei e su altri produttori cinesi di tecnologia avanzata anche se si trovano in giurisdizioni diverse, come la Corea del Sud, Taiwan e Singapore.
Pechino non si è limitata, però, alle parole, ma è passata ai fatti, annunciando lo stop “con effetto immediato” all’esportazione verso gli Stati Uniti di componenti chiave per la produzione dei microprocessori, ovvero gallio, germanio, antimonio e materiali superduri correlati a causa delle preoccupazioni “per la sicurezza nazionale”, secondo la nota del ministero del Commercio cinese. Questi materiali sono essenziali nella produzione di chip, ma anche nelle tecnologie delle energie rinnovabili e nelle applicazioni di difesa, rendendo il divieto un’escalation significativa delle tensioni commerciali tra Usa e Cina.