Venti di crisi per il mercato mondale dei chip. Si prevede infatti che gli investimenti dei 10 dei principali produttori di chip al mondo diminuiranno del 16% su base annua fino a raggiungere i 122 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2023. Se la previsione si avvererà, sarà il primo calo dal 2019 e il maggiore degli ultimi 10 anni, spiega oggi il Nikkei Asia. A pesare l’eccesso di offerta e la stagnante economia cinese, uno dei principali mercati per i personal computer.
Dove morde la crisi
In particolare gli investimenti nei chip di memoria, utilizzati principalmente per smartphone e personal computer, diminuiranno del 44% quest’anno, mentre gli investimenti nei processori diminuiranno del 14%, scrive Nikkei. Sei società stanno riducendo gli investimenti: Intel, GlobalFoundries, Micron Technology, Taiwan Semiconductor Manufacturing, SK Hynix e le operazioni congiunte di Western Digital e Kioxia Holdings.
Intanto sale però l’attesa per la quotazione di Arm in quella che potrebbe essere la più ricca collocazione sul Nasdaq degli ultimi due anni.
I motivi del calo
Il calo è causato in gran parte dalla rapida espansione della capacità negli ultimi anni, con la concorrenza tra Stati Uniti e Cina sulla tecnologia che ha spinto i paesi a investire massiciamente sull’espansione della produzione. Le 10 società hanno investito la cifra record di 146,1 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2022. Ma “c’è preoccupazione per l’eccesso di offerta in alcune aree, come i chip da 10 a 14 nanometri”, ha affermato Akira Minamikawa della società di ricerca britannica Omdia. Le altre quattro società incluse nel conteggio sono Samsung Electronics, Umc Electronics, Infineon Technologies e STMicroelectronics.
Alla fine di giugno le scorte delle nove società che hanno divulgato i dati sono aumentate del 10% su base annua arrivando a 88,9 miliardi di dollari, circa il 70% in più rispetto al 2020, prima che la carenza di semiconduttori interrompesse la catena di approvvigionamento globale. Un fattore determinante del calo è la stagnante economia cinese, uno dei principali mercati per i personal computer. Il mercato cinese “non è tornato così forte come la gente si sarebbe aspettata nel complesso”, ha detto il ceo di Intel Pat Gelsinger in una conferenza sugli utili di luglio.
Il deficit di personale
C’è inoltre, nel settore, un pesante deficit di personale, soprattutto di ingegneri. La fretta di costruire fabbriche negli ultimi anni ha portato alla mancanza degli ingegneri necessari. La Semiconductor Industry Association degli Stati Uniti prevede che la carenza di ingegneri, tecnici e scienziati informatici nel settore dei semiconduttori raggiungerà i 67.000 posti di lavoro entro il 2030.
La carenza di ingegneri è inoltre responsabile del ritardo nell’avvio delle operazioni in una fabbrica Tsmc in costruzione in Arizona dalla fine del 2024 al 2025. La società prevede che gli investimenti di capitale diminuiranno per la prima volta in cinque anni nell’anno fiscale 2023.
Le stime sulla ripresa
Nonostante questi fattori, l’opinione del mercato secondo cui la domanda di semiconduttori continuerà a crescere nel medio e lungo termine rimane invariata. Si prevede che il mercato globale raggiungerà i mille miliardi di dollari entro il 2030, secondo McKinsey , in crescita di circa il 70% rispetto ai circa 600 miliardi di dollari del 2021.
La forza trainante è la domanda alle stelle di chip utilizzati nei veicoli elettrici e nell’intelligenza artificiale. Secondo Omdia, le applicazioni automobilistiche rappresentano oggi solo il 10% circa della domanda mondiale di semiconduttori. Ma l’uso di chip che controllano le funzioni del veicolo e alimentano i semiconduttori aumenterà notevolmente con la diffusione dei veicoli elettrici. Si prevede che il mercato dei semiconduttori automobilistici raggiungerà gli 83 miliardi di dollari nel 2025, in crescita del 50% rispetto al 2022.
Secondo Statista, la domanda di semiconduttori per l’uso dell’intelligenza artificiale dovrebbe triplicare nel 2025 rispetto al 2022 e aumentare di 13 volte nel 2030.
In vista la quotazione di Arm
Il produttore di chip Arm, di proprietà della giapponese SoftBank di Masayoshi Son, va verso la sua offerta iniziale d’acquisto negli Usa in quella che potrebbe essere la più ricca collocazione sul Nasdaq degli ultimi due anni. Lo spiega oggi il Financial Times. Arm dovrebbe essere, secondo i prospetti preliminari, la più importante collocazione dal novembre 2021, quando il produttore di auto elettriche Rivian è entrato in borsa con una capitalizzazione iniziale di 70 miliardi di dollari.
SoftBank ha acquistato la britannica Arm nel 2016 per 32 miliardi di dollari e ha confermato una transazione interna al gruppo tra SoftBank e Vision Fund, il veicolo d’investimento del gruppo di Son, che ha portato a una valutazione di Arm di 64 miliardi di dollari. Un quarto circa delle entrate di Arm dipende dalla Cina, in un momento in cui gli Usa incrementano le restrizioni verso Pechino proprio sui semiconduttori. Ma Arm ha anche un quasi monopolio per quanto riguarda alcuni chip che vanno negli smartphone.