Sono le big Tsmc e Nvidia le protagoniste delle ultime mosse nella tech-war Usa-Cina sul fronte semiconduttori. Da un lato Taiwan Semiconductor Manufacturing Co, il più grande produttore di chip a contratto del mondo e uno dei principali fornitori di Apple, ha dichiarato l’intenzione di realizzare in Arizona una seconda fabbrica di chip negli Stati Uniti. Dall’altro, la compagnia di Santa Clara ha lanciato sul mercato un nuovo prodotto in grado di bypassare le restrizioni all’export verso la Cina imposte dall’amministrazione Biden. Nel duello si fa spazio anche una notizia dal sapore più politico, con la Cina schierata contro il piano annunciato da Taiwan per la produzione di semiconduttori in Lituania.
Tsmc verso un nuovo stabilimento produttivo in Arizona
Mentre il settore dei chip si prepara a una domanda in calo e l’inflazione impone una contrazione della spesa, Taiwan si trova ad affrontare una situazione particolarmente difficile, stretta tra il suo più grande mercato di esportazione, la Cina, e il suo principale finanziatore internazionale e fornitore di armi, gli Stati Uniti, soprattutto quando Pechino aumenta la pressione militare costringere Taipei ad accettare le pretese di sovranità cinese. In questo scenario, le decisioni di Taiwan Semiconductor Manufacturing Co su un’eventuale espansione produttiva in Arizona non sono ancora definitive. In una comunicazione via mail all’agenzia Reuters, la società avrebbe semplicemente confermato l’intenzione di “prendere in considerazione” la crescita della capacità produttiva nello Stato Usa con un secondo stabilimento.
Dei piani di Tsmc per costruire altri stabilimenti per la produzione di chip in Arizona si parla da tempo. Quel che si sa al momento è che l’investimento di Tsmc in Arizona dovrebbe aggirarsi intorno ai 12 miliardi di dollari, già impegnati due anni fa, e non è un segreto che la big taiwanese desideri realizzare un impianto più avanzato, in grado di produrre chip con tecnologia a 3 nanometri rispetto alla tecnologia a 5 nanometri, più lenta e meno efficiente, utilizzata nella fabbrica esistente. Gli Stati Uniti hanno incoraggiato le aziende tecnologiche straniere a produrre nel Paese e hanno attivamente sostenuto la ricerca, lo sviluppo e la produzione locali dopo aver approvato il Chips Act.
Nvidia mette in campo il nuovo A800
Si gioca invece sul fronte puramente tecnologico la mossa messa in campo da Nvidia.
Dietro al nome “A800” si cela il prodotto che è già valso un rialzo del 2,8% in borsa e che in futuro potrebbe evitare alla compagnia di Santa Clara perdite per 400 milioni di dollari in mancati guadagni, a causa del divieto di esportazione verso i mercati cinesi. L’azienda ha infatti battezzato così il nuovo chip di elaborazione grafica, entrato in produzione nel terzo trimestre, in grado di superare le restrizioni dell’amministrazione Biden all’export dei chip di fascia alta, imposte per impedire che Pechino li usi per armamenti militari.
L’A800 sostituirebbe l’A100, un chip ampiamente utilizzato nei server e nelle applicazioni di intelligenza artificiale dai giganti della tecnologia cinese tra cui Alibaba, Tencent Holdings e Baidu. Di quel modello ha le stesse prestazioni di calcolo, ma una larghezza di banda di interconnessione più stretta, che incide sulla capacità di un chip di inviare e ricevere dati da altri chip, caratteristica fondamentale per la costruzione di supercomputer. Secondo i dati diffusi dalla società, circa un quarto dei 26,9 miliardi di dollari di ricavi nell’ultimo anno fiscale proviene da Cina e Hong Kong.
La Cina contraria all’investimento di Taiwan in Lituania
Sull’evoluzione della produzione globale dei semiconduttori, intanto, pesa un’incognita. La notizia di un progetto d’investimento da oltre dieci milioni di euro da parte di Taiwan per promuovere la produzione di microchip in Lituania non è infatti piaciuta alla Cina. Pechino ha espresso ferma opposizione al progetto tramite il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, il quale ha accusato il Partito progressista democratico (Ppd) al potere a Taipei di “colludere con forze esterne per perseguire l’indipendenza dell’isola”.
I futuri investimenti nello Stato baltico, annunciati dal capo dell’ufficio di rappresentanza taiwanese a Vilnius, Eric Huang, prevederebbero uno stanziamento di 3,5 milioni di euro da parte del Fondo per lo sviluppo nazionale di Taipei a beneficio della compagnia tecnologica lituana Litilit, specializzata nella produzione di laser. In totale, il piano include oltre dieci milioni di euro di investimento nello Stato baltico, che beneficerà inoltre di una serie di borse di studio per la formazione tecnica del personale. L‘Istituto di ricerca e tecnologia industriale di Taiwan (Itri) collaborerà con il produttore di componenti elettroniche Teltonika per sviluppare le necessarie capacità richieste dall’industria dei semiconduttori.
Cina-Lituania: un caso diplomatico con risvolti commerciali
Le collaborazioni sono state annunciate in vista della formale apertura di un ufficio di rappresentanza commerciale lituano a Taiwan, a un anno di distanza dall’apertura di una sede diplomatica informale da parte di Taipei a Vilnius, iniziativa che aveva già suscitato la ferma condanna della Cina, che rivendica l’isola come parte inalienabile del territorio nazionale e non ne consente la rappresentanza autonoma nei consessi internazionali dal 1971, anno in cui Taiwan perse il suo seggio alle Nazioni Unite a beneficio della Repubblica popolare cinese. Dal 1979 l’isola istituisce i suoi uffici di rappresentanza e partecipa alle competizioni internazionali con il nome di “Taipei cinese”, una denominazione che non è stata adottata per la sede di Vilnius. La Cina ha reagito declassando le relazioni diplomatiche con la Lituania a livello di incaricato d’affari e adottando una serie di pratiche commerciali fortemente discriminatorie nei confronti della controparte. Queste sono state riscontrate anche dalla Commissione europea, che il 27 gennaio scorso ha presentato ricorso contro il governo cinese presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc).
Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, aveva accusato Pechino di bloccare in modo apparentemente discriminatorio l’interscambio con lo Stato baltico rifiutando lo sdoganamento delle sue merci e le domande d’importazione da Vilnius. La Cina aveva respinto categoricamente le accuse, sollecitando Bruxelles a diffidare dai tentativi della Lituania di “prendere in ostaggio le relazioni Cina-Unione europea”. Ciononostante la cooperazione tra Taiwan e la Lituania continua a registrare progressi, e nel mese di settembre le parti hanno siglato un accordo per agevolare il commercio bilaterale.