Dal 2026 l’Europa sarà in grado di produrre chip su larga scala. L’annuncio arriva direttamente dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a Dresda in occasione della cerimonia di posa della prima pietra di un nuovo stabilimento di semiconduttori di Infineon Technologies.
“Dresda è indiscutibilmente un faro digitale in Europa, lo Smart Power Fab è un importante passo avanti per Dresda e la Silicon Saxony. Dal 2026, qui si produrranno semiconduttori su larga scala – ha detto von der Leyen – La regione può contare su oltre mille posti di lavoro a prova di futuro”. Si tratta di una notizia “estremamente importante per l’Europa” perché “abbiamo bisogno di una maggiore produzione su larga scala di semiconduttori in Europa”.
Chip indispensabili per il futuro sostenibile della Ue
“I chip prodotti qui sono contenuti in automobili, smartphone e dispositivi elettronici di ogni tipo, vengono utilizzati per la fornitura di energia elettrica, nelle turbine eoliche, nei treni ad alta velocità e negli enormi centri dati – ha specificato – Non da ultimo, questi chip sono una componente indispensabile per il futuro sostenibile e digitale dell’Europa”.
Nel suo discorso, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha avvertito anche sui rischi di aver “a lungo tenuto lontano dalle priorità Ue la produzione di massa di semiconduttori, senza la quale tutto si fermerebbe”. Attualmente, “il centro mondiale dei semiconduttori è costituito da Taiwan e dalla Corea del Sud”, una regione in cui le tensioni “potrebbero esplodere in qualsiasi momento”, ha ricordato von der Leyen a proposito delle tensioni crescenti tra la Cina e Taiwan: “La minima interruzione degli scambi commerciali colpirebbe immediatamente la solida base industriale europea e il nostro Mercato interno, siamo tutti consapevoli di quanto siano aumentati drasticamente i rischi geopolitici”.
Secondo la presidente della Commissione “la spinta alla globalizzazione degli ultimi decenni ha visto le regioni economiche del mondo concentrarsi troppo sui propri punti di forza”, con l’Europa che “ha sviluppato le sue competenze nella ricerca e nello sviluppo e nelle applicazioni industriali”. Tuttavia, è arrivato il momento per cui il continente “rafforzi le catene di approvvigionamento dei beni e delle tecnologie più importanti”, in particolare sui semiconduttori: “Significa anche ampliare la nostra posizione quando si tratta di chip e avere una maggiore quantità di nostri prodotti”, a partire da poli come quello di Dresda e della Silicon Saxony.
Chips Act, sul piatto fino a 43 miliardi
Per l’European Chips Act l’Ue e gli Stati membri stanno spendendo fino a 43 miliardi di euro”, ha poi annunciato la presidente della Commissione, ricordando che uno degli obiettivi della legge su cui è stato raggiunto l’accordo tra i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue lo scorso 18 aprile è “l’aumento della produzione nazionale”, con il target del “raddoppiare entro il 2030 la quota europea della produzione globale di chip, portandola al 20%”.
Ma, dal momento in cui lo stesso mercato dei semiconduttori è destinato a raddoppiare, “ciò significa che dobbiamo quadruplicare la nostra attuale capacità”, ha specificato von der Leyen. Fondamentale sarà la collaborazione tra istituzioni e industrie, come nel caso della Germania e Infineon. “La legge sui chip offre certezza di pianificazione alle aziende e ai fornitori di semiconduttori che desiderano investire in siti in Europa”, è l’assicurazione fornita da von der Leyen: “Si tratta di un aspetto cruciale, dato che attualmente tutto il mondo si sta impegnando per diventare sede di impianti di produzione di chip”.
Semiconduttori, a Catania e Crolles gli altri due hub
Parlando dell’utilizzo dei fondi per la costruzione di stabilimenti di produzione di semiconduttori e microchip in Europa nel corso del suo intervento von der Leyen, ha ricordato che “i finanziamenti del Recovery Fund stanno già contribuendo alla costruzione di chip innovativi e ad alta efficienza energetica” e che la revisione della politica di aiuti di Stato in questo settore “sta dando i primi segni di successo con l’esempio di fabbriche di chip all’avanguardia a Catania, in Sicilia, e a Crolles, vicino a Grenoble”. A questo si aggiunge “il più grande investimento singolo nella storia” di Infineon Technologies AG, proprio a Dresda, un “simbolo del fatto che l’Europa può competere come sede se modelliamo il quadro di riferimento in modo saggio”. La cosiddetta Silicon Saxony si basa su “una politica di localizzazione intelligente” e una “buona cooperazione tra imprese e scienza a Dresda, Lipsia e Chemnitz e dintorni”. Ma anche su “una stretta interazione tra start-up innovative e leader di mercato affermati a livello mondiale”, ha aggiunto von der Leyen.
Chip, l’impatto dell’occupazione sull’Italia
Secondo un’analisi di Cassa depositi e prestiti (Cdp) nel 2021 “la domanda globale di semiconduttori è stata in forte crescita (+26%), ma non è stata accompagnata da un incremento tempestivo dell’offerta, con conseguenze su tempi di consegna e aumenti nei prezzi”. Cdp spiega l’eccesso di domanda con tre fattori strutturali: l’accelerazione del 5G; il processo di elettrificazione delle auto; la diffusione dell’Internet delle Cose (IoT). Ci sono, inoltre, fattori congiunturali: l’aumento di domanda di tecnologia registrato con la pandemia e l’errore di valutazione dell’industria tech che ha giudicato gli eccessi di domanda temporanei e gestibili tramite scorte.
A questi fattori si è aggiunto il conflitto russo-ucraino, che tramite diversi canali minaccia le catene di fornitura. L’Europa rappresenta il 20% del fabbisogno mondiale di semiconduttori, ma realizza solo il 10% della produzione, con una dipendenza elevata da forniture estere. In Italia il settore conta circa 1.900 imprese, ma è molto concentrato: le 17 imprese con produzione sopra i 50 milioni di euro valgono oltre il 50% del mercato nazionale. Le province a più alta specializzazione sono Catania, L’Aquila e Monza-Brianza.
L’accesso alle materie prime critiche
“Dresda e gli esempi citati (Catania e Crolles, ndr) dimostrano che possiamo avere successo se rafforziamo i nostri punti di forza. Ma vogliamo anche che il successo sia duraturo. Per questo motivo stiamo lavorando duramente per garantire all’Europa l’accesso alle materie prime necessarie per l’economia di domani”, ha sottolineato von der Leyen , riferendosi al Critical Raw Materials Act, la legge Ue sulle materie prime critiche che dovrebbe garantire che “l’Europa non debba affrontare una carenza di elementi di terre rare e materie prime necessarie”.
Lo sforzo a Bruxelles è legato al fatto che “i metalli di silicio sono la materia prima più utilizzata nella produzione di chip” e la Cina, “che ne rappresenta il 76%, domina attualmente la produzione globale”. Una dipendenza del genere “è un rischio”, ha avvertito von der Leyen, ricordando che è proprio questa la ragione per cui “vogliamo utilizzare nuovi progetti in Europa, ma anche partnership con Paesi come l’Australia, gli Stati Uniti e il Canada, per creare alternative al fine di garantire le catene di approvvigionamento delle aziende europee”.
Chips Act, cosa prevede
Lo scorso 18 aprile le istituzioni Ue (Commissione, Consiglio e Parlamento) hanno dato il via libera al Chips Act, il piano presentato da Bruxelles nel febbraio del 2022 per raddoppiare la quota di mercato nei semiconduttori del Vecchio Continente dal 10% al 20% entro il 2030 e tagliare la dipendenza dalla Cina e dagli altri Paesi asiatici.
Il provvedimento mira a rafforzare l’ecosistema dei semiconduttori. Si compone di una comunicazione, che illustra la strategia europea e la logica alla base della legge sui chip, una proposta di regolamento e una raccomandazione agli Stati membri.
L’European Chips Act rafforzerà l’ecosistema dei semiconduttori nell’Ue, garantirà la resilienza delle catene di approvvigionamento e ridurrà le dipendenze esterne. Si tratta di un passo fondamentale per la sovranità tecnologica dell’Ue. Inoltre, garantirà che l’Europa raggiunga l’obiettivo del decennio digitale di raddoppiare la sua quota di mercato globale nei semiconduttori al 20 %.
Lo farà concentrandosi su 5 obiettivi strategici:
- rafforzare la ricerca e la leadership tecnologica;
- sviluppare e rafforzare la capacità dell’Europa di innovare nella progettazione, produzione e confezionamento di chip avanzati;
- istituire un quadro adeguato per aumentare la produzione entro il 2030;
- affrontare la carenza di competenze e attrarre nuovi talenti;
- sviluppare una comprensione approfondita delle catene globali di approvvigionamento dei semiconduttori.
L’European Chips Act ha tre componenti principali:
- un’iniziativa Chips for Europe per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche su larga scala e l’innovazione nei chip all’avanguardia;
- un nuovo quadro per attrarre investimenti su larga scala nelle capacità di produzione e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento;
- un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione per monitorare gli sviluppi del mercato e anticipare le crisi.
Un nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento
Il Chips Act propone un nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di chip attirando investimenti e sostenendo la creazione di capacità produttive su larga scala.
Il quadro consente il sostegno pubblico a due nuovi tipi di impianti produttivi innovativi che sono i primi del loro genere. Queste nuove strutture sono:
- “Fonderrie aperte dell’Ue”, che dedicherebbero una parte significativa della loro capacità produttiva alla produzione ad altri operatori industriali;
- “Strumenti di produzione integrati”, che progetterebbero e produrrebbero chip per i propri mercati (ad esempio solo per il loro settore).
Raccomandazione agli Stati membri
In considerazione della crisi della carenza di chip, la Commissione ha inviato una raccomandzione agli Stati membri che incoraggia azioni di coordinamento immediato tra gli Stati membri e la Commissione per affrontare la crisi.
La raccomandazione stabilisce meccanismi per monitorare e attenuare le perturbazioni delle catene di approvvigionamento e rendere l’Europa più resiliente di fronte alle perturbazioni attuali e future.