“L’European Chips Act può essere un grande sostegno per gli investimenti nella produzione di semiconduttori anche in Corea del Sud”: è quanto sottolineato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol. “Spingeremo la partnership Digitale che abbiamo concordato nell’autunno dello scorso anno per permettere ai nostri team di lavoro di concentrarsi su intelligenza artificiale, computer ad alte prestazioni e soprattutto sui semiconduttori. L’European Chips Act può essere un grande sostegno per gli investimenti nella produzione di semiconduttori anche in Corea del Sud”.
La dichiarazione congiunta Ue-Corea del Sud
“Condividiamo l’obiettivo di rafforzare la competitività globale delle industrie dei semiconduttori in Ue e Corea del Sud. A tal fine, esploreremo lo sviluppo di un meccanismo comune per la sicurezza e la resilienza della catene di approvvigionamento dei semiconduttori e ci impegniamo a condurre ricerca e sviluppo collaborativi nel campo dei semiconduttori all’avanguardia, inclusi semiconduttori di potenza, semiconduttori automobilistici e dispositivi avanzati”, si legge nella dichiarazione congiunta del summit Ue-Corea del Sud. Le parti si sono impegnate, inoltre, a tenere “strette consultazioni” sulle rispettive politiche di settore, tra cui “l’adozione e l’attuazione dell’European Chips Act” e a esplorare “modi per collaborare su potenziali interruzioni delle catene di fornitura di semiconduttori”.
La Cina banna Micron
Intanto l’Amministrazione cinese per il Cyberspazio ha vietato agli operatori di infrastrutture chiave l’uso di forniture provenienti da Micron Technology. Si tratta della prima grande mossa di Pechino contro un gruppo americano produttore di chip. I prodotti Micron, si legge in una nota dell’Authority, “pongono rischi significativi per la sicurezza della catena di fornitura delle infrastrutture informatiche critiche della Cina“.
Si intensifica la tech war tra Usa e Cina
La decisione arriva dopo un’indagine durata sette settimane ed è considerata dagli analisti come una ritorsione agli sforzi messi in campo negli ultimi mesi dagli Stati Uniti per limitare l’accesso della Cina a tecnologie chiave. Lo scorso ottobre, per esempio, Washington aveva introdotto ampi controlli sulle esportazioni di chip, seguita da Paesi Bassi e Giappone. Lo stop, inoltre, arriva il giorno dopo che i membri del G7 hanno diffuso un comunicato in cui criticano Pechino per questioni quali le attività militari nei mari della Cina orientale e meridionale e la situazione dei diritti umani in Tibet e nello Xinjiang.
La Cina nel 2021 ha annunciato regole per proteggere le infrastrutture informative critiche con requisiti di sicurezza dei dati più severi. Recentemente ha anche rafforzato l’applicazione delle sue leggi sulla sicurezza dei dati e contro lo spionaggio. La guerra dei chip tra Pechino e Washington si è intensificata lo scorso anno quando gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni all’accesso della Cina a chip di fascia alta, apparecchiature per la produzione di chip e software utilizzati per progettare semiconduttori. Washington ha citato preoccupazioni per la sicurezza nazionale e ha affermato di voler impedire che la tecnologia che potrebbe aiutare a sviluppare attrezzature militari avanzate venga acquisita dalle forze armate e dai servizi di intelligence cinesi. Nel 2021, la Cina ha importato semiconduttori per un valore di 430 miliardi di dollari, più di quanto ha speso per il petrolio.
Il potenziale impatto sul business di Micron
Così, ora scatta la controffensiva. I prodotti Micron “hanno potenziali problemi di sicurezza della rete relativamente seri, che rappresentano un grave rischio per la sicurezza della catena di approvvigionamento delle infrastrutture informatiche critiche della Cina e influenzano la sicurezza nazionale cinese”, ha affermato in una nota l’Amministrazione cinese per il Cyberspazio (Cac) aggiungendo che “gli operatori di infrastrutture informatiche critiche in Cina dovrebbero smettere di acquistare prodotti Micron“. L’ampia definizione cinese di infrastruttura informativa critica comprende settori che vanno dai trasporti all’assistenza sanitaria.
“Abbiamo ricevuto dal Cac l’avviso di conclusione della sua revisione dei prodotti Micron venduti in Cina”, ha dichiarato l’azienda in una nota. “Stiamo valutando la conclusione e valutando i nostri prossimi passi”. Alla domanda se la società presenterà ricorso contro la decisione, una portavoce di Micron ha dichiarato: “Non vediamo l’ora di continuare a impegnarci nelle discussioni con le autorità cinesi“.
Circa il 10% del fatturato annuo di 30,8 miliardi di dollari di Micron lo scorso anno proveniva dalla Cina, secondo i dati forniti dal gruppo. Ma gran parte dei prodotti Micron venduti nel paese sono stati acquistati da produttori stranieri, avevano affermato in precedenza gli analisti, e non è chiaro se la decisione dell’agenzia della sicurezza informatica influirà sulle vendite ad acquirenti stranieri.
L’investimento in Giappone
La mossa, evidentemente, era prevista. Micron Technology ha già annunciato che investirà in Giappone 500 miliardi di yen (3,6 miliardi di dollari) per avviare strutture di produzione di chip Dram. Come dichiarato dall’amministratore delegato dell’azienda, Sanjay Mehotra, parte dell’investimento è sostenuto finanziariamente dal governo giapponese e verrà destinato alla realizzazione di una linea di produzione all’avanguardia a Hiroshima.
Micron segue a ruota Samsung, che secondo il quotidiano Nikkei realizzerà un nuovo stabilimento per lo sviluppo di semiconduttori a Yokohama. Si tratterebbe di un investimento di 30 miliardi di yen (222 milioni di dollari) e sancirà una nuova fase della cooperazione economica tra Corea del Sud e Giappone. La struttura dovrebbe avviare la produzione entro il 2025.