Sarà una guerra ad alta tensione, quella tra Usa e Cina, ma il bottino è di immenso valore: il primato sulle nuove tecnologie. Dall’intelligenza artificiale al 5G, dall’Internet of Things alle auto a guida autonoma. E nonostante la strategia aggressiva sferrata dall’amministrazione Trump al Paese asiatico sotto forma di dazi e interdizioni ad alcune tra le maggiori società tecnologiche, in primis Zte, tutto fa pensare che la Cina sia avviata sulla buona strada per conquistare il dominio sul fronte innovativo.
Il percorso è costellato da numerose incognite. Il programma nazionale “Made in China 2025” che punta alla leadership mondiale in vari settori tecnologici entro il 2025 deve fare i conti con il fatto che finora il Paese ha fatto affidamento su tecnologie e proprietà intellettuali straniere. Per ricalibrare i pesi Pechino ha chiesto alle compagnie di ridurre il ricorso alla tecnologia e alla proprietà intellettuale Usa nelle catene di fornitura sostituendole, ove possibile, con alternative provenienti da Europa, Giappone, Corea, Taiwan e altrove. Gli Stati Uniti sono diventati un “partner economico inaffidabile”.
Uno dei punti deboli sul fronte tecnologico è rappresentato dai semiconduttori, settore in cui il primato è saldamente nelle mani degli Usa. Al contrario, secondo gli osservatori il Paese asiatico potrebbe raggiungere effettivamente entro il 2025 il proprio obiettivo di eccellenza in settori strategici come AI, 5G, l’Internet delle cose, le auto a guida autonoma. A favore della Cina, nota il Financial Times, è che le attività di derisking possono essere applicate alle importazioni dagli Stati Uniti e non ai componenti realizzati da società statunitensi in Cina. Si tratta di un fattore chiave: il valore dei prodotti che le società statunitensi hanno fabbricato e venduto in Cina è stato di 250 miliardi di dollari l’anno scorso, quasi il doppio dei 130 miliardi di prodotti importati dall’America.
Non basta: un secondo fattore a favore del Paese asiatico è la pronta disponibilità di alternative ai prodotti tecnologici statunitensi. Secondo una ricerca di Haitong, società di security cinese, le vendite in Asia di prodotti made in Europa, Giappone, Corea e Taiwan sono superiore a quelli prodotti negli Usa, in otto settori tecnologici su 11.
I tre settori in cui gli Stati Uniti vantano un’incontrovertibile posizione dominante sono quello di semiconduttori, apparati per semiconduttori e aerospazio. E’ l’industria dei semiconduttori, quindi, il fronte caldo della guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina: colpita, non a caso, dai divieti (fatti scattare in aprile dalla Casa Bianca) contro Zte di non avere più accesso alle tecnologie Usa per sette anni. Eppure i chip sono anche l’area in cui le ambizioni della Cina sono più alte. Di circa 300 miliardi di dollari investiti su Made in China, circa 150 sono destinati a potenziare proprio il settore, secondo il gruppo di ricerca Gavekal. D’altra parte è anche vero, nota il Financial Times, che se le sanzioni fossero state dirette contro Huawei, il danno sarebbe stato più contenuto dato che il gruppo progetta propri chip (attraverso la controllata HiSilicon, settima azienda al mondo nel settore).
Pochi del resto avrebbero scommesso, appena 10 anni fa, sul record cinese negli smartphone. Nel 2017 aziende come Huawei, Oppo e Vivo hanno rappresentato il 43% delle vendite globali di telefonini eclissando Apple e la coreana Samsung. Tutto fa pensare che la guerra di Trump renderà l’ascesa tecnologica cinese più lenta, ma inesorabile.