Una stazione di polizia in ogni web company per accorciare la filiera tra eventuali illeciti online e lo svolgimento delle indagini. Sembra uno scenario da film di fantascienza vagamente distopico, e invece è la realtà che a breve potrebbe essere sperimentata in Cina. Il governo infatti, attraverso un documento pubblicato dal ministero di Pubblica sicurezza, ha annunciato l’imminente istituzione dei cosiddetti uffici di network security, grazie ai quali team specializzati saranno in grado di indagare e di agire, di concerto con le istituzioni che regolano la Rete, sulle infrazioni commesse da aziende e utenti in maniera tempestiva. “Installeremo gli uffici di network security nelle sedi delle società titolari dei principali siti Internet e delle maggiori Web company, così da intercettare le condotte criminali al loro primo insorgere”, ha dichiarato lo stesso ministro Chen Zhimin, che ha tenuto ieri una conferenza a Pechino.
L’iniziativa sembra una punizione nemmeno tanto implicita nei confronti specialmente delle piattaforme locali che, secondo il governo cinese, hanno fallito su tutta la linea nel controllo dei contenuti sensibili circolati online. Tencent e Sina avevano già ricevuto precise ammonizioni dalle autorità per non essere state abbastanza rapide ed efficaci nel contrastare la distribuzione di materiale pornografico, vietato in Cina, e soprattutto nel limitare la diffusione di rumor, notizie e discussioni considerate delicate o potenzialmente dannose per l’immagine della classe dirigente e dell’apparato politico in generale.
“Con l’ingresso del Paese nell’era di Internet, la sicurezza dei network è diventata una questione di rilevanza nazionale, da cui dipende la stabilità sociale. Ma è fondamentale anche per lo sviluppo economico e per garantire il lavoro quotidiano dei cittadini”, ha detto il ministro fugando qualsiasi illazione.
L’istituzione dei nuovi uffici segue a ruota la proposta di una bozza di legge (avanzata il mese scorso e attualmente sottoposta a consultazione pubblica) che mette nero su bianco la prerogativa delle autorità cinesi di bloccare l’accesso a Internet in caso di emergenze riguardanti la sicurezza nazionale. Si tratta in realtà di una linea di condotta già messa in pratica, per esempio, durante le azioni di polizia a Uighur e in altre aree caratterizzate dalla presenza della minoranza tibetana nell’Ovest del Paese.
Il provvedimento, che rafforzerebbe la privacy degli utenti nei confronti di hacker e aziende specializzate nella compravendita dei dati personali, potrebbe avere pesanti ripercussioni sugli Internet service provider e sulle multinazionali del settore attive in Cina. Se l’impianto normativo dovesse essere approvato, inoltre, le agenzie governative preposte al controllo della Rete avrebbero l’obbligo di dotarsi di sistemi di monitoraggio e allerta oltre che di strumenti di risposta ad attacchi sul piano della cybersecurity. Si aggiunge dunque un tassello al piano di potenziamento delle difese del Paese nell’ormai aperta guerra fredda digitale in atto con l’Occidente e in particolare con gli Stati Uniti.