Cambiare pelle per non scomparire. Accettare la sfida del digitale cercando di intercettare i gusti del pubblico con proposte innovative e, per quanto possibile, inedite. I cineforum, veri e propri luoghi di incontro e di diffusione della cultura cinematografica tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, devono ripensarsi per proiettarsi nel futuro. La pensa così Angelo Signorelli, vicepresidente della Federazione Italiana Cineforum, che raggruppa circa 80 circoli attivi in tutta Italia. La Federazione, fondata nei primi anni ’50, rilascia 30mila tessere annuali.
“Nel corso degli ultimi 10-15 anni – spiega Signorelli – abbiamo registrato una diminuzione dei nostri circoli del 30-35% che corrisponde di fatto ad un calo di 40 circoli”. Per invertire la rotta è necessario “che i circoli si adeguino alle nuove tecnologie. Il futuro, inevitabilmente, è il digitale. Bisogna diventare più propositivi e meno commerciali. Soprattutto occorre essere meno legati alla struttura del vecchio cineforum”.
Signorelli ricorda anche che “molte sale, magari d’essai, su cui insisteva l’attività di cineforum, hanno chiuso. La realtà dei cineforum classica non esiste più da nessuna parte. La situazione non è affatto rosea. Ora, però, ci sono delle associazioni che propongono ogni anno un certo numero di film dell’ultima stagione”. Un problema aggravato anche dalla mancanza di grandi disponibilità economiche tanto è vero che, in generale, “il fondo di dotazione del ministero negli ultimi anni è diminuito notevolmente”.
I cineforum – suggerisce il presidente della Fic – devono rischiare di più con proposte inedite, offrendo anche documentari, film sperimentali, e aumentando le collaborazioni con le altre associazioni diffuse sul territorio. Bisogna cercarsi un pubblico più attento, perché la relazione con gli associati diventa determinante”.
Signorelli, che è anche presidente dell’Associazione bergamasca Lab 80, nata sulla vecchia struttura del Cineforum di Bergamo e socio fondatore della Federazione Italiana Cineforum, sottolinea poi che “a Bergamo, facendo in questo modo, siamo usciti da una situazione di blocco. Abbiamo una sala pubblica che gestiamo per conto del Comune, digitalizzata con un contributo messo a disposizione dalla Fondazione Cariplo“.
“Riusciamo a fare – conclude – anche prime visioni proponendo documentari e film indipendenti come ‘Io sto con la sposa’, un film presentato a Venezia prodotto in parte con un’azione di crowdfunding. Si devono fare proposte che, magari, all’inizio non vengono capite e bisogna essere pronti a cambiare in corso d’ opera”.