L’insieme degli interventi finora promossi dal Governo – dal decreto Destinazione Italia alla spending review, dall’Agenda digitale alla sfida dell’Expo – dicono che la strada è tracciata nella giusta direzione. Tuttavia, accontentarsi sarebbe un errore tanto è il ritardo accumulato nella tabella di marcia. Per questo ora va rotto ogni indugio premendo l’acceleratore sulle misure attuative e sull’adozione di una governance unitaria degli interventi. Il processo di trasformazione del Paese deve cambiare passo, dev’essere trasparente e senza soluzione di continuità. A quanti potrebbero indirizzare investimenti verso l’Italia vanno offerti segnali di certezza nelle regole, nei tempi e nei costi.
Naturalmente, l’avvio e il consolidamento di un percorso virtuoso nella produttività e nella crescita necessitano anche di altri elementi, a cominciare dall’innovazione e dalle tecnologie strategiche come il cloud e i software di analisi per i big data. In sintesi, di quanto apre all’economia digitale. Segnali positivi, in questo senso, stanno negli incentivi alle aziende per l’impiego di fondi dedicati al suo sviluppo, così come nelle priorità identificate dal Commissario Caio. Proprio nel digitale si annida il più alto potenziale per l’occupazione, come attesta l’Unione Europea secondo cui, in assenza di misure di stimolo, tra due anni resteranno vacanti 900mila posti di lavoro. Sta solo a noi approfittarne, agevolando un cambiamento culturale e spingendo verso la formazione in nuove competenze. Le potenzialità ci sono. Purtroppo anche i rischi di sprecarle.