Le cose di cui occuparsi saranno ovviamente molte. Tuttavia, la priorità numero uno – alla quale l’Esecutivo oggi in carica renderebbe un bel servizio accelerando i procedimenti attuativi del decreto crescita 2.0 – resta lo sviluppo dell’Agenda digitale. È con questa e il suo potenziale, stimato in un incremento del 5% del Pil continentale dal Commissario Ue Neelie Kroes, che il nostro Paese potrà tornare a invertire il trend. Ma il nuovo Parlamento non potrà dimenticare tutte quelle componenti che facilitano i processi di innovazione: la valorizzazione dei giovani e dei talenti, la meritocrazia, l’imprenditorialità, la ricerca, l’attrattività nei confronti delle grandi aziende che qui vogliono investire.
Scontata la necessità d’essere veloci, la prima mossa sta nel delineare una roadmap condivisa dalla politica e dall’impresa su strategie e obiettivi, privilegiando la visione di lungo periodo. Nel contempo, oltre alla banda larga, si deve procedere a tappe forzate – con una governance soggetta a verifica – sul percorso della digitalizzazione della PA, affinché diventi efficiente nel suo servizio al cittadino e al tessuto produttivo. Ciò può avvenire a “costo zero”: il ricorso alle tecnologie informatiche consente infatti di abbattere gli sprechi e recuperare risorse, che così possono essere assegnate dove c’è bisogno. Il terzo punto chiama in causa ogni misura che possa sostenere la competitività del sistema Paese, dalla certezza di regole e tempi alla dinamicità del mercato del lavoro.