Come sappiamo, le politiche di sostegno allo sviluppo risentiranno dei limiti di spesa fissati dal patto di stabilità. Auspicando che gli investimenti in innovazione ne siano esclusi, occorre ora intervenire facendo leva sulle tecnologie digitali, la formazione dei giovani e lo sviluppo di competenze.
Il progetto formulato per l’Agenda Digitale, intorno a cui sono state spese così tante energie, va quindi sostenuto con una visione di lungo termine, una precisa governance e una continuità negli interventi.
Ciò, peraltro, consentirebbe sia di sostenere un percorso di crescita a saldo zero, liberando risorse oggi improduttive a vantaggio di aree a più alto valore aggiunto, sia permettendo il superamento delle rigidità storiche che limitano l’attrazione degli investimenti esteri.
La PA, da molti considerata un mero costo, potrebbe superare la frammentazione dei mille sistemi con un’architettura integrata, dare vita a piattaforme di servizi con cui agevolare l’interazione lungo le filiere dell’ecosistema pubblico – welfare, sanità, fisco – e favorire il passaggio tra il mero possesso dei dati e la creazione di ‘conoscenza’ a disposizione dei cittadini e delle imprese.
Infine, un ultimo suggerimento: perché non riscrivere le regole con cui favorire le partnership pubblico-privato per concentrare gli sforzi su pochi ma importanti progetti strategici?