È storia di questi mesi: mancano le materie prime. E, quando si trovano, i prezzi volano alle stelle. “Le responsabilità sono varie: l’aumento della domanda, che è crescente; la crisi climatica, che diminuisce la capacità degli ecosistemi di offrire risorse e aumenta alcuni bisogni; la pandemia, che ha imposto una lunga battuta d’arresto all’economia globale; il conflitto in Ucraina, che ha esasperato la fragilità energetica dell’Europa. La soluzione esiste e si chiama economia circolare. Ma ancora non decolla”.
Non fa sconti il Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2022, giunto alla sua quarta edizione, realizzato dal Cen (Circular Economy Network), in collaborazione con Enea.
Sprechi, consumi, riutilizzo: le cifre sono allarmanti
Anche perché i dati globali non sono incoraggianti: tra il 2018 e il 2020 il tasso di circolarità è sceso dal 9,1% all’8,6%. Mentre, negli ultimi cinque anni, i consumi sono cresciuti di oltre l’8% (superando i 100 miliardi di tonnellate di materia prima utilizzata in un anno), a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% (da 8,4 a 8,65 miliardi di tonnellate). Risultato? Sprechiamo la maggior parte dei materiali estratti dagli ecosistemi: “Non abbiamo invertito la rotta – riferisce il Rapporto -. Anche l’Italia non ha centrato l’obiettivo del disaccoppiamento tra crescita economica e uso delle risorse”. Anche se il nostro Paese è “virtuoso”: “Nel quadro delle prime cinque economie europee si posiziona al primo posto per gli indicatori più importanti di circolarità, assieme alla Francia”.
Resta però il fatto che l’economia circolare, che coniuga riduzione degli sprechi, riuso ed efficienza, rimane ancora una Cenerentola in Italia e nel mondo, come figlia di un dio minore in un Pianeta dominato dal turbo capitalismo globale che tutto produce e tutto consuma.
Cosa si intende con economia circolare?
La Commissione europea, impegnata in prima fila in questa sfida globale, definisce economia circolare un sistema in cui i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti. In sostanza, è un sistema economico in grado di rigenerarsi assicurando la propria ecosostenibilità. È un modello di produzione e consumo che punta a condividere, prestare, riutilizzare, riparare, ricondizionare e riciclare materiali e prodotti facendoli esistere il più a lungo possibile, risparmiando così le risorse della Terra e non inquinando.
La Fondazione Ellen MacArthur di Chicago, think tank americano che sostiene l’opportunità economica di questo modello, spiega che in un’economia circolare invece i flussi di materiali sono di due tipi: biologici, ossia capaci di essere reintegrati nella biosfera, e tecnici, cioè destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.
La circular economy mira dunque a estendere il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo, dato che quando un prodotto ha raggiunto la fine del ciclo di vita, i materiali di cui è composto sono reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono di nuovo riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.
Quando è nata l’economia circolare
L’idea di un riutilizzo circolare dei materiali risale al 1966, quando lo studioso inglese trapiantato in America, Kenneth E. Boulding scrisse l’articolo “The Economics of the Coming Spaceship Earth”. L’idea fu ripresa nel 1976: in un rapporto presentato alla Commissione europea, dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”, Walter Stahel insieme a Geneviéve Reday-Mulvey delinearono la visione di un’economia circolare e del suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, risparmio di risorse e riduzione dei rifiuti. Nel 1982, quello studio divenne un libro: “Jobs for Tomorrow: The Potential for Substituting Manpower for Energy”. L’economia circolare era nata.
Perché il modello lineare non è più sostenibile?
L’economia circolare è la risposta alla crisi dell’economia lineare fondata sullo schema: “Estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Questo modello lineare è ancora sostenibile? No, perché dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali e di energia, facilmente reperibili e a basso prezzo.
Il modello-pilastro dello sviluppo industriale e del sistema consumistico non è più adatto alla realtà attuale e si sta scontrando con scarsità delle risorse, danni all’ambiente, cambiamento climatico, volatilità dei prezzi delle risorse naturali e instabilità degli approvvigionamenti di materie prime, valore perduto di materiali e prodotti, montagne di rifiuti da smaltire. La crisi dell’economia lineare è di fatto sotto gli occhi di tutti.
I tre principi dell’economia circolare
I tre punti cardine dell’economia circolare sono: ridurre i consumi di materie prime, progettare prodotti con un ciclo di vita più lungo e, infine, riciclare. L’adozione di questi principi contribuisce a salvaguardare il Pianeta, riducendo le emissioni di CO₂ e le risorse naturali. Il fine è di ridurre la quantità di rifiuti da gestire, riconvertendo i prodotti a fine vita e operando sugli scarti di lavorazione, rendendoli idonei alla commercializzazione anziché smaltirli. A fianco a questi tre principi, vanno ricordati i cinque pilastri dell’economia circolare: condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo. L’economia circolare, di fatto, prevede un “ciclo chiuso”, che deve funzionare come un organismo vivente, nel quale le sostanze nutrienti sono elaborate e riutilizzate. Inoltre, nei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu che prendono in esame tutte le dimensioni del Pianeta e della vita umana, occupandosi di temi come l’agricoltura, il rispetto per l’ecosistema terrestre, l’educazione e il miglioramento della salute, fino alla lotta a ogni forma di povertà, l’economia circolare è rappresentata in 6 Obiettivi.
Quali sono i benefici della circular economy?
Secondo l’Europarlamento, grazie a misure come prevenzione dei rifiuti, ecodesign e riutilizzo dei materiali, “le imprese europee otterrebbero un risparmio e ridurrebbero nel contempo le emissioni totali annue di gas serra”.
Sempre per il Parlamento di Strasburgo, “al momento la produzione dei materiali che utilizziamo ogni giorno è responsabile del 45% delle emissioni di CO₂”. Mentre la transizione verso un’economia più circolare può portare numerosi vantaggi. Eccone alcuni: riduzione della pressione sull’ambiente, più sicurezza circa la disponibilità di materie prime, aumento della competitività, impulso all’innovazione e alla crescita economica (un aumento del Pil dello 0,5%). Infine, un incremento dell’occupazione: si stima che nell’Ue grazie all’economia circolare potrebbero esserci 700 mila nuovi posti di lavoro entro il 2030. Con l’economia circolare, i consumatori potranno avere anche prodotti più durevoli e innovativi in grado di far risparmiare e migliorare la qualità della vita.