I vendor di software IT sopravvalutano la comprensione e la
considerazione del cloud computing da parte delle piccole e medie
imprese. A rilevarlo la ricerca “The 2010 Gfi Software Sme
Technology Report” condotta fa Gfi Software, che ha censito 250
Pmi. Il livello di comprensione della terminologia legata al cloud
computing è considerevolmente inferiore nel settore aziendale
rispetto al settore della sicurezza IT – il 62% dei senior
decision maker aziendali non ha mai sentito parlare di cloud
computing – e il 24% dei professionisti IT non ha mai sentito
parlare di cloud computing o non ne comprende il significato. Al
contrario, solo il 15% e l’11% dei decision-maker aziendali non
ha sentito parlare rispettivamente di managed service o hosted
service. Considerando che a livello concettuale questi termini sono
praticamente sinonimi di Cloud Computing, sembra venga posta
eccessiva enfasi sulla terminologia, e non abbastanza sugli
elementi base dei servizi basati su cloud.
“Il mercato sembra essere confuso dalla terminologia gergale e
dai sinonimi ed essere suscettibile all’allarmismo generato dai
provider on-premise – spiega Walter Scott, Ceo di Gfi -. A meno
che questi trend non vengano modificati, ci vorranno ancora molti
anni prima che le Pmi raccolgano i benefici del cloud
computing”.
Per quanto riguarda la sicurezza la ricerca ha rilevato inoltre che
il principale svantaggio del Cloud Computing percepito – cioè il
rischio elevato di sicurezza – non è confermato dalla realtà,
dal momento che la sicurezza è stata citata come l’ostacolo
principale all’adozione del Cloud da solo il 12% delle
imprese.
I vantaggi derivanti dall’adozione del cloud computing sono stati
particolarmente sorprendenti secondo la ricerca: delle aziende che
hanno finora trasferito i servizi su Cloud, il 16% ha riscontrato
un pieno ritorno sugli investimenti (Roi) in meno di sei mesi, e
una grande maggioranza ha riportato di avere ottenuto Roi completi
in meno di un anno.
“Nonostante i costi iniziali vengano citati come il fattore
principale a sfavore dell’adozione di cloud computing – per il
44% delle Pmi che non le adotta rappresenta il motivo principale –
un ritorno sugli investimenti completo e in tempi rapidi è stato
riscontrato da parte delle Pmi che hanno trasferito i loro servizi
su cloud, dimostrando che la fiducia nel cloud computing è
giustificata ma non sufficientemente perseguita”, puntualizza
Scott.
La ricerca focalizza anche la diffusione della nuvola. L’86%
delle aziende da 100 a 249 dipendenti ha implementato o sta
attualmente implementando una tecnologia di Cloud Computing, ma
solo il 69% delle aziende da 10 a 99 dipendenti, e il 39% delle
aziende con meno di 10 dipendenti, dichiara di stare attualmente
implementando o di avere intrapreso una soluzione di questo
tipo.
Il 44% delle aziende che hanno deciso di non implementare soluzioni
di cloud computing, cita come motivo principale i costi
eccessivamente elevati; tuttavia il costo ridotto è visto al
contempo come il secondo vantaggio principale percepito nei
confronti del nuovo modello. Il 43% degli intervistati che ha
scelto di non implementare soluzioni di Cloud Computing,
prenderebbe in considerazione questa soluzione se le condizioni e i
termini di pricing dei vendor fossero migliori, mentre il 40%
prenderebbe in considerazione tale opzione se i contratti fossero
meno restrittivi.
Infine, l’approccio ibrido nell’implementazione di determinate
applicazioni sia in modalità on-premise sia in the cloud, a
seconda delle necessità particolari o della natura dell’azienda,
sta ottenendo crescente trazione. “Sempre più organizzazioni,
indipendentemente dalle dimensioni, stanno chiedendo all’IT
maggiore flessibilità. Le Pmi non dovrebbero essere limitate in
maniera rigida a tecnologie on-premise o in modalità hosted, ma
dovrebbero avere invece entrambe le opzioni a seconda delle
rispettive necessità – conclude Scott -. La domanda sta
costantemente crescendo; esiste quindi una grande opportunità per
i vendor che possono offrire possibilità di scelta e consentire
alle Pmi di massimizzare il loro potenziale ritorno sugli
investimenti”.