L'INTERVISTA

Accenture, Narain: “È tempo di cloud journey, coopetition fondamentale”

Il Global Cloud Lead della società fa il punto con CorCom sulla strategia. Il modello as-a-service determinante per la crescita del business. E grazie all’intelligenza artificiale si potrà accelerare sulla valorizzazione dei big data. Il tutto facendo leva sul paradigma della customer centricity. “Italia all’avanguardia nell’innovazione e sulla sovranità dei dati è più avanti di tutti”

Pubblicato il 22 Mar 2023

narain

Accenture lo ha racchiuso nella sigla MagiModernize Accelerate Grow Innovate: quel cloud journey che si costruisce sulle pietre miliari dei dati, del change management, dellla collaborazione nelle piattaforme, dei servizi come “consumable”, dell’intelligenza applicata all’edge. Una metodologia che i clienti di Accenture hanno abbracciato, anche in Europa e in Italia, dove le imprese “sono molto desiderose di avanzare nelle implementazioni cloud e coglierne i benefici”, evidenzia Karthik Narain, Global Cloud Lead di Accenture, in un’intervista in esclusiva con CorCom.

“Abbiamo fornito una visione proiettata al futuro del cloud journey delle imprese. E ora stiamo osservando che la strategia si snoda proprio come avevamo immaginato. Il cloud è un percorso, non una destinazione, e non significa sostituire un software con un altro più nuovo: c’è molto di più”.

La M di Magi sta per modernizzare. È la svolta del cloud?

Il cloud ha tanti benefici, fin dall’inizio del journey. Per esempio, permette di passare dal modello Capex al modello Opex, con vantaggi di costo. Ma il cloud non si esaurisce nella migrazione dal database proprietario a quello di un provider. La seconda fase è rappresentata dallo spostamento verso un modello moderno con applicazioni cloud-native, verso un’ottica incentrata sui servizi come consumable e non sulla costruzione di tutte le capacità in-house. È una delle grandi innovazioni insite nel cloud: l’accesso e la partecipazione a un marketplace dove un’azienda può pensare di comprare prodotti e servizi che non possiede e non sviluppa, ma che vuole comunque offrire ai suoi clienti. Pensi che per Accenture la parte modernization ha superato la migration come ramo del cloud business. La modernizzazione vuol dire scomporre e rendere modulari le applicazioni. È un cambio di paradigma tecnico, ma anche e soprattutto culturale, perché ci chiede di essere disposti a sfruttare il potere della democratizzazione del cloud: possiamo usare le funzionalità innovative realizzate altrove con il modello as-a-service, sfruttando le innovazioni fatte dal cloud provider o che si trovano nel cloud marketplace.

Il modello as-a-service, dunque, non solo come modo più conveniente di comprare, ma di far crescere l’impresa.

Esatto, perché è ciò che costruisce la nuova platform economy. Il cloud permette di creare nuove piattaforme che generano ricavi perché aggregano l’offerta di servizi utili al cliente finale e capaci di evolvere sempre con la domanda. Pensiamo ad aziende come Google, Amazon o Uber: il loro successo non sarebbe possibile se non fossero delle piattaforme digitali. Il cloud accelera l’innovazione, perché spinge a sperimentare: si può sbagliare più velocemente ma anche crescere più velocemente. È un modo nuovo di procedere e di lavorare basato su progetti brevi e agili. La piattaforma rappresenta la strategia di lungo termine, la vision, mentre i progetti sono le tappe. E possono essere anche degli sprint che durano una settimana o un mese.

La platform economy è piena espressione della cultura del cloud?

È la piena espressione del paradigma della customer centricity. È un modo innovativo di guardare alla customer value chain e capire come offrire tutto quello che serve al cliente anche se non lo produciamo tutto in casa. Pensiamo all’acquisto dell’automobile. È necessariamente connessa all’acquisto di un’assicurazione. Automotive e insurance sono due industrie separate, ma per il consumatore sono quasi la stessa cosa, perché non possono avere la macchina senza assicurarsi e la convergenza è naturale in ottica di customer centricity. Infatti in Nord America alcune aziende offrono questi servizi in un bundle. Si arriva a un modello car-as-a-subscription e questo è possibile solo con una piattaforma in cui tutti i player sono presenti e collaborano.

Anche se sono concorrenti?

Sì, dovranno imparare a fare coopetition. La centralità del cliente spinge a lavorare insieme per l’interesse dell’utente finale. E solo il cloud permette di creare queste piattaforme collaborative, perché nel cloud si condividono servizi e dati in modo sicuro. Il data sharing è fondamentale nella platform economy.

A proposito di data sharing: un elemento chiave per la strategia cloud è liberare il potenziale dei dati. Le organizzazioni possono farlo in sicurezza?

Non possiamo più fare a meno dei dati se vogliamo sfruttare il potere dell’Ai, soprattutto nell’era di ChatGpt e dei foundation model, che hanno bisogno di enormi e continue quantità di dati per l’addestramento e il perfezionamento. E il punto di partenza è mettere insieme i dati, toglierli dai silos. Un recente studio di Accenture ha evidenziato che solo il 19% delle imprese globali usa a pieno il potere dei loro dati. Questo succede per diversi motivi: i dati vanno gestiti e strutturati per analizzarli; inoltre, spesso le aziende non hanno pensato a raccoglierli nell’ottica di valorizzarli ma per creare repository. Il cloud aiuta a gestire i big data e la nuova era dell’Ai fornisce un ulteriore stimolo.

L’era di ChatGpt?

L’era dell’Ai generativa e dei transformer. Siamo entrati nella terza era dell’intelligenza artificiale, dopo la prima caratterizzata dal machine learning e la seconda aperta dalle tecnologie di deep learning e text-to-speech. Ora abbiamo prodotti che democratizzano e allargano l’accesso all’Ai, ma che hanno bisogno di ancora più dati. Ci aiutano a comprendere ancor di più quanto sia prezioso il patrimonio informativo delle organizzazioni.

È prezioso a tal punto che molti paesi cominciano a ragionare in termini di sovranità del cloud e dei dati. Come fa l’Europa.

L’Europa è apripista sulla sovranità e l’Italia è più avanti di tutti. L’Ue ha lanciato Gaia-X, il progetto per lo sviluppo di una federazione di infrastrutture di dati e fornitori di servizi per l’Europa per garantire la sovranità digitale europea, cui partecipa anche Accenture. L’Italia è già nella fase dell’execution, forte anche dei fondi del Pnrr e di un proprio framework e che include il Polo strategico nazionale (Psn) e il processo di qualificazione dei servizi dei cloud provider tramite l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. La seconda fase di questa evoluzione saranno i cloud sovrani per singole industry o gruppi di industry, che permetteranno di isolare e proteggere i dati in un contesto sicuro entro il quale fare un data sharing controllato e attività di analytics.

Questo isolamento dei dati non è contrario alla filosofia del cloud?

L’importante è che la sovranità del cloud sia attuata in modo da accelerare l’innovazione in un contesto di sicurezza e non venga portata all’estremo di ostacolare la condivisione. Ma la vision dell’Europa e dell’Italia sulla sovranità è giusta, così come l’impostazione della normativa Ue, tra cui il Data act. Occorre unire le regole con i principi della collaborazione e innovazione, con attori che gestiscono i dati e tecnologie che li proteggono.

Siamo pronti per ragionare e lavorare in questo modo? Anche in Italia?

Il cloud implica un percorso di change & culture management. La cultura del cloud si basa sulla connessione tra l’It e le funzioni business. Anche la C-suite deve acquisire familiarità col cloud, sapere che cosa è possibile fare con i nuovi strumenti, quali prodotti e servizi sono immaginabili, per poter poi costruire la strategia. Change management e talent transformation rientrano, infatti, tra i servizi offerti da Accenture, sia agli sviluppatori It sia agli utenti business. C’è anche un nuovo modello di collaborazione con i partner, perché nell’offerta finale e nella vision ora può entrare un mix di servizi e prodotti propri e dell’ecosistema. Noi troviamo che i nostri clienti sono pronti per questo nuovo modo di procedere, anche in Italia e in Europa. Forse l’Europa è partita più tardi, ma accelera più velocemente. E l’Italia sul cloud non ha nulla da invidiare agli altri paesi. Anzi, il nostro team italiano è il migliore per competenze. Accenture ha 17 regional cloud unit e quella italiana è top. E i clienti italiani sono i più dinamici e aperti a innovare col cloud.

L’innovazione del cloud toccherà anche la Pubblica amministrazione?

Certo. La PA in Italia è il cliente di Accenture più attivo. Anche le aziende pubbliche stanno studiando come sfruttare, implementare e sviluppare il cloud per migliorare il servizio al cittadino, ridurre i costi ed essere più efficienti. La digitalizzazione della Pa può contare su 9,7 miliardi di euro grazie al Pnrr e ai fondi Ue. Specificamente il programma di adozione del cloud, tra cui il Psn, valgono 1,9 miliardi. Che siano aziende pubbliche o private noi di Accenture aiutiamo i clienti a sfruttare le opportunità del cloud. In Italia abbiamo anche il Centro di eccellenza sul cloud sovrano che si trova all’interno di Acic, l’Accenture cloud innovation center di Roma. È da qui che si parte per accelerare il proprio cloud journey.

Qual è il culmine di questo viaggio?

Per noi il cloud journey culmina nel cloud continuum, che si realizza sfruttando il potere del cloud to-the-edge: lo vedremo nella retail experience, nella nuova mobilità (dai sistemi di trasporto intelligenti alle auto driverless) fino alle smart grid e all’industria 4.0. L’edge realizza il vero potere del cloud, perché porta non solo l’elaborazione, ma l’intelligenza vicina all’oggetto che genera dati, ovvero nella IoT. Permette così di prendere decisioni in tempo reale e di potenziare l’esperienza dell’utente. Il primo settore che sta attuando questo paradigma è il manufacturing, incluso l’automotive, con applicazioni come le telecamere digitali e la computer vision per il rilevamento degli errori, il controllo della qualità e la manutenzione predittiva. I dati presi sugli oggetti vengono portati nel cloud, analizzati e rimessi nell’edge per ottenere le inferenze o la conoscenza. La prossima industria che sarà rivoluzionata dall’edge è il retail: la pandemia ha abituato i consumatori agli acquisti online e al precision shopping e ora che si torna nel negozio fisico vogliamo ritrovare la stessa qualità dell’esperienza, avere informazioni in tempo reale, cataloghi infiniti, promozioni personalizzate. I retailer stanno cominciando a sperimentare l’IoT nel negozio (con telecamere e sensori) per migliorare la gestione del magazzino, seguire la in-store e check-out experience e disegnare offerte su misura per i loro clienti. Poi ci saranno le applicazioni nell’healthcare: armonizzare i dati in sicurezza e offrire un’esperienza avanzata alle persone sono la base di una sanità rinnovata. Ma l’edge è solo un tassello, benché il più alto, del cloud continuum, che vuol dire consolidare le capacità cloud dell’azienda all’interno di un business nativo digitale e in cui la transizione al cloud è un processo continuo. Di cui sapremo implementare in modo agile e sostenibile le prossime tappe, anche quelle che ancora non possiamo immaginare.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati