LA RICERCA

Big data e cloud, imprenditori junior “bocciati” in innovazione

Ricerca del Digital Transformation Institute: il 59% delle Pmi si autodefinisce “abbastanza” tecnologica, ma quasi la metà dei giovani imprenditori ignora i concetti-base. Stefano Epifani: “Più che le compentenze manca la consapevolezza”

Pubblicato il 07 Nov 2017

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Il 59,4% dei giovani imprenditori italiani ritiene che le proprie imprese siano abbastanza tecnologiche, ma solo il 17,9% crede di aver raggiunto un livello molto alto di innovazione digitale. Ma al di là di questa “autopercezione”, se si esaminano i fatti emerge che quasi la metà delle imprese intervistate, il 47%, non ha mai sentito parlare di criptovalute, BitCoin o Factory as a Service. In più il 41% dei giovani imprenditori di Pmi non conosce il termine Big Data e quasi un terzo non sa cosa sia il Cloud Computing. Sono i dati che emergono da “Innovazione come leva di crescita: il punto di vista dei giovani imprenditori”, la ricerca annuale realizzata dal Digital transformation institute e presentata oggi durante il decimo Forum nazionale dei giovani imprenditori di Confcommercio.

“Guardando a questi dati è evidente – afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute – come uscendo dal circolo autoreferenziale di aziende, esperti e consulenti che parlano di innovazione ed entrando nel Paese reale ci sia un problema che non è solo di competenze, ma addirittura di conoscenza dei temi e di consapevolezza rispetto ad un intero contesto tecnologico. In molte delle nostre aziende non mancano le competenze rispetto a temi che hanno individuato, ma manca del tutto la consapevolezza che esistano degli scenari di trasformazione ignorando i quali non solo si perdono opportunità, ma si corrono rischi”.

La percezione più alta del livello di digitalizzazione delle imprese, emerge dalla ricerca, si rileva nelle imprese del Nord-Ovest e del Sud e isole, ma è il Nord-Est a ritenersi molto tecnologico (20,9%). Guardando ai diversi settori di appartenenza, sono le realtà operanti nel settore turistico a esprimere una percezione più bassa del proprio livello di implementazione delle tecnologie digitali, con un 44,4% di intervistati che si dichiara poco o per niente tecnologico.

Lo studio, realizzato grazie alla collaborazione del Gruppo giovani di Confcommercio e dei componenti del Digital Transformation Institute, ha coinvolto quasi 100 persone tra esperti, ricercatori, imprenditori e docenti universitari che hanno preso parte a tavoli di lavoro e focus group.

Secondo il campione gli ambiti di maggiore impatto rispetto ai processi di trasformazione digitale sono concorrenza e mercato, infrastrutture, internalizzazione, modelli di business, organizzazione e processi, accesso al credito e sistemi di pagamento, normativa, politiche del lavoro e welfare, sostenibilità.

Dallo studio emerge inoltre un basso tasso di investimenti in digitale: il 39,4% delle imprese dichiara di aver effettuato investimenti in tecnologie digitali per meno di 5.000 euro e il 28% ammette di non averne fatti per nulla. A dimostrarsi più propense agli investimenti in innovazione sono le aziende tra i 50 e i 250 dipendenti. Le imprese che hanno investito in tecnologia negli ultimi 5 anni lo hanno fatto prevalentemente (87,7%) al fine di adeguare le infrastrutture materiali/immateriali, mentre poco più della metà ha tentato di utilizzare tali investimenti per migliorare le politiche del lavoro e il welfare aziendale, attraverso, ad esempio, soluzioni di smart working (52%) e per sviluppare nuovi modelli di business (51,7%).

Laddove si è investito, tuttavia, le imprese intervistate hanno notato un miglioramento significativo nei ricavi (62,2%). Miglioramento che nel 12% dei casi è compreso tra il 25% ed il 40% dei ricavi e nel 20% dei casi compreso tra il 10% ed il 25% dei ricavi. Oltre il 15% delle aziende intervistate si è detta non in grado di valutare se l’IT abbia portato miglioramenti sul fronte dei ricavi, ed il 21% sostiene che non vi siano stati incrementi nei ricavi.

Passando alle richieste avanzate dalle imprese nel campo degli interventi pubblici, i giovani imprenditori chiedono una semplificazione della normativa esistente e miglioramento della burocrazia (64,1%), un maggior investimento nell’infrastruttura di rete a banca larga (52,2%), la promozione della cultura dell’impresa e della legalità, con finanziamenti o sgravi fiscali per gli investimenti in infrastrutture digitali e per i progetti orientati all’innovazione (poco meno della metà), e infine maggiori incentivi per le attività di formazione (42,4%).

Tra gli investimenti in infrastrutture più significativi per avviare la digital transformation individuati dalle aziende emergono quelli in sicurezza e privacy (55,6%), in comunicazione e promozione 45,4% e nei processi di vendita (37,1%).

In occasione del Forum i giovani imprenditori hanno presentato infine un “Manifesto per l’Innovazione” in 10 punti, riassumendo gli obiettivi ai quali le imprese dovranno guardare per affrontare e non subire la digital transformation. “Quello del manifesto è un passaggio fondamentale nell’ambito di questa attività di ricerca – spiega Alessandro Micheli, presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio – Abbiamo voluto infatti fornire la nostra chiave di lettura di un fenomeno che sta mutando profondamente il contesto economico e sociale nel quale operiamo. Abbiamo la necessità di comprenderne le dinamiche e prendere posizione su temi centrali come il lavoro, la gestione del credito, il welfare, gli assetti regolamentari. Le scelte che si fanno in questo momento sono decisive per la competitività del Paese, e come giovani, ma soprattutto come imprenditori, abbiamo il dovere di essere protagonisti di questo cambiamento”.

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